Caso Balotelli: Mario non sarà mai più Super

A Brescia si è consumato l'ennesimo fallimento sportivo e umano

di Gianluca Mazzini

Il celebre detto “nemo propheta in patria” si adatta a Barwuan Balotelli Mario, nato nel 1990 a Palermo ma cresciuto a Bagnolo Mella, provincia di Brescia. Dopo aver vagato per club e top club in Italia e all’estero, nell’agosto scorso lo sbarco a Brescia aveva il sapore del riscatto. Era l’ultima opportunità di trovare un approdo sicuro da dove rilanciare la propria carriera. Così non è stato. Siamo alle carte bollate. Se ne dovrà occupare uno sconfortato Mino Raiola che vede perdere definitivamente valore al suo ex gioiello. A Brescia è finita peggio che altrove.

Ma dovunque sia stato Balotelli non ha lasciato rimpianti. A Milano sponda Inter, a Manchester sponda City, di nuovo a Milano sponda Milan e poi a Liverpool, a Nizza e a Marsiglia. Ovunque rotture traumatiche e uscite di scena polemiche. La colpa? Sempre di qualcun altro, a sentir lui. A turno sono stati accusati: tifosi, presidenti, società, compagni. Oggi, a trent’anni, Mario non è e non sarà più Super. Anche il suo viale del tramonto non si annuncia particolarmente lungo. I numeri non mentono e nel curriculum di Balotelli ce ne sono molti e impietosi. Due i club dove è durato di più. L’Inter dove aveva debuttato in Serie A a 17 anni e dove si è fermato per tre stagioni (59 partite e 20 gol) e il City di Mancini (43 partite in tre anni e 20 gol). Quello dove ha reso di più il Milan con 43 partite e 26 gol nella stagione 2013. Da dimenticare le esperienza a Liverpool ( un solo gol), a Marsiglia (8 gol) e a Brescia (5) gol e una manciata di partite. Un intermezzo di speranza tra il 2016 e 2019 a Nizza, che frutta 33 gol in 61 partite.

Anche la Nazionale lo ha cercato, corteggiato, incensato ma anche lì una delusione dopo l’altra. Prandelli lo fa debuttare in azzurro nel 2010 e nonostante prestazioni a corrente alterna se lo porta dietro fino ai Mondiali del 2014. E’ lui la punta di diamante della spedizione. Un disastro. Le sue deludenti prestazioni trasformano la trasferta brasiliana in un fallimento che porta alle dimissioni di Prandelli. L’esperienza azzurra è di fatto chiusa. Con Conte (che non lo vede proprio) e con il suo scopritore Mancini ancora qualche sporadica comparsa in maglia azzurra.

Ma la vicenda (triste) di SuperMario non ha solo un aspetto sportivo ma anche uno sociale. Balotelli doveva essere il simbolo di quell’Italia multiculturale e multirùrtnica che si va faticosamente formando. Il fallimento di Balotelli dimostra, simbolicamente, quanto sia ancora lunga questa strada. E adesso che succede? Parola a Raiola. Facile prevedere una fuga in terre lontane dall’Europa e dal grande calcio. La suggestione del Brasile, cullata la scorsa estate dal giocatore, si annuncia più che complessa. Il paese è travolto dalla pandemia con il campionato fermo e tutte le società in gravi difficoltà economiche.