LE STORIE

Depressione, infortuni, cambi di vita: quando il calciatore dice basta prima del tempo

Dai problemi fisici di Van Basten e Deisler all'odontoiatra Perpetuini, passando per Rustico assessore e la chitarra di Osvaldo (che però ci ha ripensato...)

In Germania ha fatto notizia la decisione di Dennis Hoins di ritirarsi a 27 anni dal calcio, per curarsi contro un male terribile come la depressione. Ma i casi di eroi del pallone che hanno cambiato vita nel pieno della loro carriera non mancano. C'è chi si è dato alla politica, chi a una professione tradizionale, chi si è arreso agli infortuni o ha semplicemente finito la voglia. E chi, come Pablo Daniel Osvaldo, ci ha poi ripensato...

Dire basta a 27 anni, a quella che forse superficialmente in tanti considerano la professione più bella del mondo. Questa è la decisione di Dennis Hoins, 27 anni, tedesco del Lubecca. La sua squadra è pronta a giocare in terza divisione dopo essersi guadagnata la promozione, ma in campo non potrà avvalersi di Dennis. Che ha ammesso di volersi fermare perché coinvolto nella partita più difficile della sua vita: quella contro la depressione. Ripartirà dalla ricerca di un lavoro normale, quello che non riuscì all'uomo a cui è dedicata la fondazione che lo sta sostenendo in questo difficile percorso. Si tratta di Robert Enke, che fu portiere (anche per Benfica e Barcellona) e arrivò fino alla nazionale tedesca, ma si arrese al silenzioso e terribile male ponendo fine alla sua vita quando aveva appena 32 anni.

Il suo è uno dei casi più tragici della storia, ma le vicende di calciatori che per i più svariati motivi hanno deciso di interrompere la propria carriera nel pieno della maturità agonistica non mancano. E la casistica più scontata è quella dei ritiri prematuri dovuti a infortuni più o meno gravi, talvolta cronici. Noto e straziante l'addio di uno dei talenti più cristallini di fine Novecento, quel Marco van Basten che falcidiato a problemi alla caviglia salutò San Siro e il calcio il 18 agosto 1995, a 31 anni ancora da compiere. Ne aveva invece 22 una delle grandi promesse del calcio tedesco, Sebastian Deisler, quando ebbe il primo grande infortunio di una carriera stregata: quell'estate non ebbe modo di seguire la sua nazionale ai Mondiali (fino alla finale contro il Brasile), anche gli anni successivi furono caratterizzati da problemi fisici sempre più debilitanti, cui si aggiunse anche nel suo caso una forma di depressione. Fino alla decisione di fermarsi nel gennaio 2007, a 27 anni da poco compiuti: "Non mi fido più del mio ginocchio, e non riesco più a giocare con allegria", disse. Aveva 27 anni anche Leonardo Pettinari, che dopo essere esploso nel Cittadella si preparava a dire la sua nella neopromossa Atalanta di Percassi. Ma nel 2011 fu costretto a fermarsi per problemi cardiaci che fino a quel momento nessuno gli aveva mai riscontrato.

Non manca però chi ha preso decisioni fondate su altri progetti di vita. Come Hidetoshi Nakata, simbolo dell'esplosione del calcio giapponese di fine anni '90 e che dopo le esperienze italiane a Perugia, Roma (con tanto di scudetto), Parma e Firenze si ritirò 29enne per darsi a una nuova vita come imprenditore. La stessa età che aveva Fabio Rustico nel 2005: arcigno marcatore dell'Atalanta per nove stagioni, le ultime lo videro sempre meno in campo e sempre più impegnato a livello politico e sociale. Non a caso divenne quasi immediatamente assessore allo sport al Comune di Bergamo dopo una candidatura di successo alle elezioni politiche. E, finita quell'esperienza, si dedicò all'agricoltura aprendo un'azienda agricola in Sicilia. Più recente il caso di Riccardo Perpetuini, promettente prodotto delle giovanili della Lazio che nel 2016 ha deciso di abbandonare il calcio a 26 anni per diventare odontoiatra.

C'è anche chi semplicemente perse la voglia prima del tempo, come Michel Platini (addio ad appena 32 anni) o Eric Cantona, che quando disse basta doveva ancora compierne 31: troppe le polemiche scatenate in quegli anni, e il bizzoso attaccante del Manchester United decise che andava bene così. E restando in Francia, anche il capitano dei Bleus campioni del mondo nel 1998 e d'Europa nel 2000 appese gli scarpini al chiodo molto giovane: a 32 anni. Ne aveva invece solo 29 David Odonkor, entrato nell'immaginario collettivo italiano per aver giocato i minuti finali della semifinale mondiale del 2006 tra la sua Germania e gli Azzurri. "Mi fermo, devo pensare alla mia famiglia", disse. E altrettanti ne aveva nel 2014 David Bentley, il "nuovo Beckham": "Ho perso l'amore per il calcio, uno sport noioso, robotico e tutto calcolato", spiegò.

Ci sono poi quelli che ci hanno ripensato. Come Anthony Vanden Borre, laterale ex Fiorentina e Genoa dal carattere non semplice che dopo alcune delusioni di mercato decise di ritirarsi nel 2017, a 29 anni. Per la cronaca, è attualmente parte della rosa dell'Anderlecht. C'è poi il caso di Felipe Sodinha, amatissimo a Brescia ma spesso sbertucciato dalla critica per il suo stato di forma non sempre ottimale. A 27 anni abbandonò il calcio dopo una serie di infortuni che lo colpirono al Trapani e attualmente gioca a Modena, in C. Ultimo della lista Pablo Daniel Osvaldo, argentino che riuscì nell'impresa di giocare e segnare con le maglie di Fiorentina, Roma, Juventus e Inter e di sfiorare la convocazione ai Mondiali 2014. Poi l'addio al calcio nel 2016, a trent'anni, per intraprendere la carriera da rocker. Ma la vita a volte fa giri strani, e rieccolo in campo nel 2020, al Banfield. Perché a volte rimangiarsi una decisione sofferta e difficile, è la cosa più semplice.

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