Forse per capire davvero Jurgen Klopp bisogna gustarsi la parte della serie televisiva "Inside Borussia Dortmund" in cui racconta come si è svegliato la mattina dopo il titolo della Bundesliga del 2011: "Ho aperto gli occhi ed ero su un camion in un garage, non ho idea di cosa sia successo nelle ore precedenti. Mi sono trovato nel piazzale di una grande fabbrica con il Ceo del Borussia Aki Watzke. Abbiamo fermato un camioncino chiedendo un passaggio e offrendo 200 euro al guidatore. Mi sono seduto dietro e continuavo a sentire rumori inquietanti: il baule era pieno di polli, c’erano anche dei montoni sgozzati”.
Oppure l'aneddoto raccontato da Sarri: durante Chelsea-Liverpool della scorsa stagione, con i blues in vantaggio di un gol e durante l'assalto reds, l'allora allenatore dei londinesi si è girato verso la panchina avversaria e ha visto Klopp che sorrideva compiaciuto. All'inevitabile domanda su cosa ci fosse da ridere, l'allenatore del Liverpool ha risposto: "Perché, tu non ti stai divertendo?".
Ecco, l'essenza di Klopp è tutta qui. E' la persona con cui ti faresti volentieri una birra ma anche l'allenatore che ha preparato così bene la sua squadra e ama così tanto il calcio, da dimenticarsi, almeno per un po', del risultato. Si è portato dietro anche la fama di perdente, che poi i critici si sono rimangiati dopo la Champions dell'anno scorso. Come se aver riportato il Borussia Dortmund ai livelli più alti (e fino alla finale della coppa più prestigiosa) fosse una cosa da poco.
In attesa di riportare sul tetto più alto d'Inghilterra un Liverpool in astinenza da 30 anni, quello che davvero ha sempre colpito delle sue squadre è la logica che sta alla base del suo calcio. Un calcio che lui stesso ha definito "heavy metal". Mai una pausa, mai un momento per rifiatare (anche se negli ultimi tempi su questo è un po' meno rigoroso). Il gegenpressing (l'aggressione immediata appena persa palla per cercare la riconquista immediata), la ricerca spasmodica, insistita, maniacale della verticalità a tutta velocità e con movimenti spesso codificati, sono la base del suo gioco. Un gioco ispirato da Wolfgang Frank, suo allenatore al Mainz, seguace di Arrigo Sacchi e mosca bianca, così come Rangnick, nel calcio stereotipato della Germania anni '80 e '90.
Insomma, buon compleanno Jurgen. E cerca di non festeggiare troppo. O, altrimenti, invita anche noi.