La vittoria di Bologna, senza troppi patemi anche se con alcuni sprechi di troppo e un centrocampo che ancora non decolla nel relazionarsi con l’attacco, è stata come un’aspirina. Ti fa sentire meglio, va bene un po’ per tutto e più di ogni altra cosa serve per calmierare i bollori - per quanto lo juventino non possa conoscere quanto ci sia del famoso effetto Placebo che funziona ad ampio spettro nella cura dell’animo. Perché di questa c’era anche bisogno, dopo aver drammatizzato due pareggi post-lockdown che hanno equivalso il fastidioso (e per qualcuno insopportabile) addio al secondo trofeo stagionale. Anche il più severo, però, doveva subito ammetterlo: il peso specifico dei due obiettivi rimanenti vale oltre il 90% della posta stagionale in palio. Nonché della sentenza che si andrà a emanare a fine stagione.
Per questo - e per chetare la settimana entrante in vista del Friday Night casalingo contro il Lecce che è uscito con le ossa rotte dal rientro in campo contro il Milan - il ritorno alla lunga marcia del campionato andava fatto attraverso una serie di step concomitanti: i tre punti e quindi il ritorno al gol, il ritorno in superficie di una certa capacità offensiva, la conferma delle certezze difensive che da sole forse non bastano più per la sola Serie A e certamente non sono sufficienti per un possibile capolavoro europeo. C’è stato più o meno tutto al Dall’Ara, e per il momento l’aspirina ci basta e avanza. Ci svegliamo e ci sentiamo meglio. Vogliamo che questa sensazione possa durare, ma non ne siamo ancora certi. Che poi, nel calcio certi non si è mai. Iniziamo però a metterci che ci preoccupiamo sempre di come giochino Ronaldo e Dybala, quando in due sfiorano ormai i 50 gol stagionali quando invece i veri segnali - per come si prefigura questo mese e mezzo a venire - sono quelli della consistenza degli effettivi più enigmatici della stagione. Per esempio Bernardeschi e Rabiot, presentati dal primo minuto nella partita più delicata di questa ripresa, ed entrambi positivi con l’ex viola addirittura sugli scudi, se non altro ai livelli delle sue migliori partite sotto la gestione Allegri.
Perché l’ha detto anche Bonucci: vittoria fondamentale, e per una volta fondamentale non è la solita parola vuota, di circostanza, che fa da jolly ai microfoni. E averla ottenuta permette di affrontare le problematiche ancora da risolvere senza che “fuori ne parlino troppo”, sempre per citare l’attuale capitano bianconero. L’importante è continuare a parlarne dentro, che il verbo societario passi forte e chiaro attraverso Chiellini, Buffon, lo stesso Bonucci, citati proprio da Sarri come prime personalità di riferimento dello spogliatoio quando serve tornare al primordiale concetto dei fatti, dei sacrifici, dell’umiltà. In pratica, dell’essere squadra. Ottenere questo obiettivo impenna le chance della Juventus di rivincere il campionato allungando la striscia a nove e tenere a bada il filotto del Bayern Monaco che in Germania (campionato ammirato dai più, non è sempre chiaro perché) ha appena conquistato il suo ottavo titolo nazionale consecutivo. E chissà che poi sia proprio il Bayern la seconda squadra da sconfiggere in Champions League, dopo il Lione, quando all’essere squadra bisognerà aggiungere l’essere fuoriclasse di questi tre o quattro che in questa squadra possono permetterselo. Tra questi, De Ligt. Ormai stabilmente da podio quando è ora, da giornalisti e da tifosi, di stilare la classifica dei migliori in campo.