Se anche uno come Conte, che tende a proteggere il gruppo da ogni critica come dopo il Brescia quando aveva chiesto di attaccare casomai lui, si lascia andare a dubbi di tipo motivazionale ("Spero che avvertano anche solo l'1% della delusione che provo io") sui suoi calciatori, significa che la sconfitta contro il Bologna segna per forza un punto di svolta per l'Inter.
Nel suo campionato, che vede sfumare il già lontano sogno scudetto e allontanarsi un secondo posto che negli almanacchi una qualche differenza la fa rispetto al quarto della scorsa stagione. Nei progressi del gioco, ancora lontano da quel salto di qualità atteso con un allenatore che di solito alla prima stagione regala svolte quasi impossibili e soprattutto che non riesce a cancellare quel ritornello che esce sempre fuori dopo partite del genere, la famosa 'pazza Inter'. Ma anche nel progetto, con il primo vero duro confronto tra Conte-Marotta-Oriali e le parole del tecnico sulla "voglia di vincere e sul capire se allenatore e giocatori sono quelli giusti".
Il calcio post-pandemia riassesta un pochetto i contorni di quello che qualcuno già chiama disastro o crisi ma resta difficile trovare un filo logico in una squadra che si fa raggiungere dal Sassuolo, vince quasi miracolosamente a Parma, sommerge di gol il Brescia e poi butta via una partita già vinta, quella di ieri. Resta difficile a meno che non si torni alla fragilità mentale di un gruppo che è stato rifornito di personalità importanti come Lukaku, Eriksen, Young ma che ancora non dà garanzie sulla tenuta in una competizione lunga.
Gesti come quello di non far tirare il rigorista designato sull'1-0 non aiutano in tal senso, ancor meno uscire dal match se gli avversari pareggiano e non trovare le giuste contromosse, pur in superiorità numerica, quando passano in vantaggio. Quel sottile filo rosso collega ciò che è successo col Bologna ad altri inciampi non di poco conto, vedi la sconfitta in trasferta con la Lazio.
Ci sarà da lavorare sul mercato, e Suning è pronta a farlo sia in ingresso che - soprattutto - in uscita con quegli elementi non giudicati 'da Inter'. Ma servirà anche un ragionamento sul lavoro di Conte, non in discussione per applicazione e qualità ma che ancora non ha trovato la giusta chiave per rendere questa Inter ciò che erano state la Juventus 2011, il Chelsea 2016 e, in parte, pure la Nazionale 2014. Per esempio un ulteriore ragionamento sul 3-5-2/3-4-1-2 che penalizza Skriniar e Godin, non consente ad Eriksen di esprimersi al meglio e punta forte su esterni che - oggi - la squadra non ha.
Tutto questo senza scordare che mancano 8 partite di campionato, c'è un terzo posto da difendere, il miraggio secondo posto da non abbandonare (visto che anche la Lazio ha dato segni di cedimenti) e soprattutto una Europa League da onorare, anzi sarebbe la chiave di volta che potrebbe cambiare la stagione, far svoltare il gruppo e lasciare alle spalle quasi ogni critica.