Come fosse ieri. È impossibile dimenticare cosa sia successo il 9 luglio 2006 e chiunque venga interpellato su tema, naturalmente a patto che sia abbastanza grande da ricordare, sa dire ancora oggi dove fosse mentre guardava in tv (i più fortunati, direttamente allo stadio) il rigore decisivo calciato da Fabio Grosso che regalava all’Italia la sua quarta Coppa del Mondo. Non sarà mai una data come un'altra per gli appassionati italiani di calcio: il 9 luglio è il giorno in cui il Paese scendeva in piazza, unito in un ideale abbraccio collettivo, per urlare a squarciagola: “Siamo campioni del mondo!”.
Alla vigilia, in realtà, la vittoria non è così scontata, anzi. All’interno dei confini italiani il pallone è duramente colpito dal terremoto Calciopoli e, nonostante la Nazionale allenata da Marcello Lippi sia imbottita di talento, tra gli appassionati serpeggia un senso generale di sfiducia. Quella squadra, però, fa cerchio contro le polemiche, e vuole rispondere sul campo.
Non è semplice, però: dopo una bella vittoria contro il Ghana (2-0) arriva un sofferto pareggio contro gli Usa (1-1), che vede De Rossi farsi espellere per una gomitata ai danni di McBride. Per passare il turno ci vuole un risultato positivo che arriva puntuale contro la temibile Repubblica Ceca (2-0), ma proprio in quel match gli Azzurri perdono Alessandro Nesta per infortunio.
Il cammino trova un ostacolo inaspettatamente complesso agli ottavi: l’Australia è più forte di quanto ci si aspetti, gli Azzurri giocano gran parte del secondo tempo in dieci per l’espulsione di Materazzi, sostituto di Nesta e autore di un gol contro i cechi. Nel recupero, però, spunta quello che si rivelerà come ‘uomo della provvidenza’ dell'intera manifestazione: Fabio Grosso. Il laterale si guadagna in pieno recupero un calcio di rigore, trasformato con freddezza da Francesco Totti, e l’Italia va ai quarti, dove stavolta supera in scioltezza l’Ucraina di Shevchenko: Zambrotta segna il vantaggio, Toni si sblocca e con una doppietta sigilla il 3-0, un risultato dedicato a un ex azzurro che proprio in quei giorni vive un momento di grande difficoltà personale, Gianluca Pessotto.
La semifinale è contro la Germania padrona di casa, una partita che entra nell’epica dello sport azzurro: è proprio Grosso a sbloccare il match con un meraviglioso sinistro su assist di Pirlo, a un minuto dalla fine dei supplementari, Del Piero fa 2-0 in contropiede (dopo un impressionante recupero difensivo di Cannavaro) pochi secondi dopo. Si va a Berlino, si va a giocare la finale: l’avversario degli Azzurri è la Francia allenata da Raymond Domenech e capitanata da Zinedine Zidane. Dopo un girone passato con qualche grattacapo di troppo (pareggi con Svizzera e Corea del Sud, vittoria decisiva contro il Togo), i Bleus sono stati letteralmente trascinati da Zizou, da Thierry Henry e dal giovane Franck Ribery nella fase ad eliminazione diretta: 3-1 alla Spagna, 1-0 al Brasile, 1-0 al Portogallo.
Si gioca all’Olympiastadion, di fronte a 69mila spettatori. Un palcoscenico che blocca un po’ gli Azzurri ad inizio match: la Francia ne approfitta subito e, con un po’ di mestiere, Malouda si guadagna un rigore per fallo di Materazzi. Zidane, dal dischetto, azzarda un ‘cucchiaio’ forse un po’ troppo alto, ma la fortuna è dalla sua parte: la palla batte contro la parte interna della traversa e rimbalza oltre la linea, è gol. In quel Mondiale l’Italia non è mai stata in svantaggio, il timore è che possa subire un pesante contraccolpo. A smentire la possibilità è però proprio Materazzi, che svetta imperiosamente di testa su pennellata di Pirlo da calcio d’angolo e riequilibra la situazione.
Da lì in poi la partita vive di poche emozioni e molta tensione: a metà secondo tempo l’Italia passerebbe anche in vantaggio, con Toni, ma l’arbitro annulla per segnalazione di fuorigioco da parte dell’assistente. Qualche dubbio c’è, ma l’epoca del Var è ancora molto lontana. Si va così ai tempi supplementari. Sono due i momenti dell’extra time che resteranno per sempre nella memoria dei tifosi: lo strepitoso riflesso di Buffon su colpo di testa di Zidane alla fine del primo supplementare e, soprattutto, quello che succede al minuto 110. Materazzi fa ‘trash talking’ con Zidane, che reagisce con una violenta testata sul petto del difensore interista. Sono attimi di confusione. L’assistente richiama l’arbitro Elizondo: dopo una lunga discussione a bordocampo, il fischietto argentino si avvicina a Zidane ed estrae il cartellino rosso. L’immagine di Zizou che va negli spogliatoi passando a capo chino accanto al trofeo è iconica. Negli ultimi minuti le due squadre sono troppo stanche per superarsi: si va ai rigori.
Le ferite di Italia 90, Usa 94 e Francia 98 fanno ancora male, la paura di un’altra delusione è forte. Pirlo, però, non sbaglia il primo rigore. Per gli avversari va a segno Wiltord, per l’Italia segna Materazzi. Adesso c’è Trezeguet contro Buffon. I due giocano nella Juventus, si conoscono bene: il bomber prova a superarlo con una conclusione molto forte, ma la palla sbatte contro la traversa e, questa volta, rimbalza al di qua della linea. Siamo avanti, ma non è ancora finita.
Nelle successive due serie non sbagliano De Rossi (tornato in tempo dalla squalifica proprio per la finale), Abidal, Del Piero e Sagnol. Il destino è nel sinistro di Grosso. Quello del rigore conquistato contro l’Australia, quello del gol del vantaggio contro la Germania. Il suo tiro è potente, preciso, vincente. Gli Azzurri sono campioni del mondo, per la quarta volta nella storia. In Italia esplode la festa: per una sera non ci sono divisioni di nessun tipo, ogni polemica è messa da parte. Non interessa neanche che il presidente della Fifa, Blatter, non prenda parte alla premiazione. Non importa, tanto la coppa è nostra, ed è il capitano Fabio Cannavaro a sollevarla. Siamo tutti uniti, tutti fratelli, tutti in piazza a festeggiare. E chi c’era ricorda esattamente, ancora oggi, dove fosse e con chi. È uno dei miracoli dello sport.