Con Simon Kjaer, il Milan ha fatto tredici. La notizia è che, ora, “tredici” l’ha fatto pure il difensore danese in prestito dal Siviglia: a tanto ammontano infatti, dopo il pareggio maturato a Napoli, le gare giocate da Kjaer tra Serie A e Coppa Italia con il bottino invidiabile di una sola sconfitta, in occasione del derby. Per il resto, nove vittorie e tre pareggi. Numeri che certificano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la bontà dell’operazione - oltre alla sua accessibilità economica - e l’innalzamento del livello qualitativo del reparto arretrato che, ormai alle spalle il calendario di fuoco del post lockdown, ha subito solo quattro gol tra Roma, Lazio, Juventus e Napoli, mantenendo intonsa la porta difesa da Donnarumma nella metà delle occasioni.
Senso della posizione, buon piede destro in impostazione, un valore tanto aggiunto quanto imprevedibile soprattutto alla luce di una coppia come quella formata da Romagnoli-Musacchio che ad inizio stagione, pur fra tante difficoltà, sembrava intoccabile. Poi, complice l’operazione alla caviglia e lo stop forzato per lo spagnolo - tornerà non prima di ottobre -, ecco l’occasione per un posto al sole che (dati alla mano e prestazioni negli occhi) non giustifica certo il tentennamento della società in merito ad una sua riconferma. Quel che è certo è che questa settimana scade il diritto di riscatto dal Siviglia. E se le parti stanno lavorando sotto traccia almeno per provare a spostare la scadenza, è inutile nascondere che le valutazioni di Gazidis riguardano ancora una volta l’età e l’ingaggio.
Discussioni di assoluta lana caprina, dal momento che il centrale è un 31enne nel pieno della sua forza ed esperienza, che il riscatto - si parla in via ufficiosa di 3,5 milioni di euro - è decisamente alla portata e che l’unico ostacolo potrebbe essere rappresentato dall’ingaggio, destinato a salire fino a circa 2,5 milioni l’anno. Come se non bastasse, un nuovo carico da novanta è arrivato proprio ieri sera dalle parole di Maldini prima del match: “Abbiamo tanti giovani, abbiamo preso Ibrahimovic e Kjaer per farli crescere. Se io non avessi avuto al mio fianco Baresi e Tassotti, non avrei fatto quello che ho fatto, con loro mi sentivo sicuro. Non esistono squadre che abbiano vinto solo con i giovani, il passato conta e può essere una grande spinta. La maglia rossonera pesa”. Chissà se Rangnick, scuola “sacchiana”, lo capirà subito.