Non è facile imparare a convivere con il dolore, ad accettarlo in tutte le sue forme. Santi Cazorla ci è riuscito. Durante il suo lungo calvario di infortuni, prima di un’operazione, i medici inglesi gli dissero: “Se dovessi tornare a camminare in giardino con tuo figlio, ritieniti soddisfatto”. Da un atteso rientro in campo alla possibilità di perdere l’uso del piede e alla conseguente amputazione.
In quel momento Cazorla si è trovato ad un passo dal baratro, intorno a lui c’era solo il buio. È il 2016 e l’origine di tutto questo è una lacerazione alla caviglia destra, subìta nella partita di Europa League tra Arsenal e Ludogorets. Il tempo passa e le operazioni si susseguono, una dopo l’altra, ma per lo spagnolo sembra che non ci sia niente da fare.
Decide di tornare in Spagna, mettendosi nelle mani del dottor Mikel Sánchez a Vitoria, nei Paesi Baschi. Sánchez scopre che la caviglia è infetta, la ferita non si cicatrizza e i batteri hanno consumato 8 cm del tendine d’Achille. La situazione è molto grave, serve una decisione drastica. I medici prendono un pezzo di pelle del suo braccio sinistro, dove ha tatuato il nome della figlia India, e lo usano per rattoppare la caviglia danneggiata.