Valentino Mazzola, il capitano dei capitani d’Italia, è un lavoratore. Indossa da Ercole la fascia dei granata. Sostiene, nella forgia del mito del Grande Torino, che è: «Meglio assai lavorare: con l’ozio c’è il pericolo di rovinare la passione, veramente sana, per il calcio». Il suo motto è l’alternativa alla legge degli Agnelli. Benedetto Craxi, per gli amici Bettino, è un ragazzino milanese che ascolta alla radio, su una sedia di legno da poche lire, le parole del dieci semplice: uno dei simboli della ricostruzione.
La sera del 4 maggio 1949, apprende dal padre una notizia che cambia per sempre la storia del calcio mondiale: alle ore 17:03, l’aereo FIAT G. 212 della compagnia ALI, marchiato I-ELCE, con a bordo l’intera squadra dell’invincibile Torino si era schiantato sulla Basilica di Superga, cancellando dalla terra la leggenda e mietendo complessivamente trentuno morti. La vicenda strappa il cuore al ragazzo, come a centinaia di migliaia di italiani: da quel momento il suo legame con la sponda operaia del Po diventa inscindibile.