Gregoire Mbida, 68 anni, vive a Dax, ventimila anime ai piedi dei Pirenei. Città francese famosa più per le tradizioni rugbistiche che per il calcio. Per gli sportivi italiani è anche la tappa risolutiva del calvario di un Marco Pantani ombra di se stesso, che proprio a Dax, il 9 luglio del 2000, smarrì definitivamente il brevetto dello scalatore irresistibile giungendo 39esimo a un traguardo che abbracciava per primo il “grillo” Bettini. Qui Mbida insegna pallone ai ragazzini della squadra locale. Per il disturbo percepisce uno stipendio che gli consente di vivere quasi decorosamente e di ripensare spesso a cosa accadde quel pomeriggio a Vigo.
Gregoire vive in un piccolo bilocale arredato modestamente, con quel senso di disordine che però non irrita e che accomuna gli scapoli di mezzo mondo. I quasi quarant’anni di distanza da quel mondiale si sono fatti sentire pesantemente sui suoi tratti. Il viso è molto più rubicondo, le rughe hanno scavato solchi sulla fronte, il cranio, che rievoca i paesaggi lunari, è ben occultato da un cappellino da baseball. Per il resto è il Gregoire di quel pomeriggio di luglio. Lui in campo, noi incollati al televisore. Posiziono il registratore sul tavolo in formica della cucina, mentre lui armeggia con i fornelli intento a preparare un caffé imbevibile. Sorride quando gli viene chiesto di descrivere quel gol che fece tremare lo stivale. “I fotogrammi sono tutt’altro che sbiaditi – racconta – Abega serve Milla in profondità. Bel controllo e cross per la testa del nostro difensore Aoudou che manca clamorosamente la palla. Vedo Zoff che non si muove, arrivo da dietro e lo anticipo”. L’apoteosi sopraggiunse appena un minuto dopo il vantaggio di Graziani, agevolata da un’incertezza di N’Kono.