Il calcio europeo si è arreso al modello americano

L'americanismo ha vinto anche nel football

Con buona pace degli inglesi che hanno sempre guardato con scetticismo ad ogni sport che fosse intervallato da break pubblicitari, pom pom, e coreografie di cheerleader, il calcio americano – pardon, il soccer – è sempre stato dismesso a pallida imitazione del glorioso football, fino a che non se lo sono ritrovati in salotto, a sostituire le loro pinte di ale con lattine di Budweiser. Se la pietra tombale dello humour britannico è stata la versione a stelle e strisce di The Office, a sancire la fine del calcio di sua maestà e, con il tempo, la perdita d’identità di quello europeo, è stata l’americanizzazione del pallone.

Se oggi, quando si incrimina la dilagante speculazione nello sport, si punta il dito, con ragione, contro gli Emirati Arabi o la Cina, il modello su cui si fonda il calcio moderno è però, senza dubbio, quello americano. Vent’anni prima della nascita della Premier League e del suo modello economico e di intrattenimento, l’America dei ’70 già era, al pari della Cina di oggi, oasi per ex campioni in fase calante e mediocri calciatori con scarse ambizioni, ma velleità di facile visibilità e lauti stipendi.