«Ogni atto di ribellione esprime una nostalgia per l’innocenza e un appello all’essenza dell’essere». Così scrive Albert Camus nel saggio filosofico “L’uomo in rivolta”. Correva l’anno 1951: la guerra d’Algeria era alle porte. Nel frattempo lo scrittore si fece terra bruciata attorno. Proprio in quel periodo infatti si spinse alla definitiva rottura ideologica con Sartre, in polemica con il suo atteggiamento filosovietico, relegandosi in un ardito isolamento intellettuale sotto il fuoco generato dagli attacchi della sinistra francese dell’epoca. Finirà per assestarsi su posizioni anarco-individualiste.
Dall’altra parte dell’Atlantico, invece, Jack Kerouac, dopo una lunga serie di vicissitudini, affrontava il suo primo, mitico viaggio sulle strade d’America, pedinato a vista da quei maledetti demoni che non smetteranno mai di tormentarlo. Jack e Albert: così lontani fisicamente eppure così vicini spiritualmente. Entrambi fini indagatori della propria interiorità attanagliati dal senso tragico e assurdo dell’esistenza umana. Gelosi della loro libertà, fecero del proprio romanzo di vita un manifesto della ricerca dell’autentico.