“L’interazione social(e) è vista come un dramma, in cui vi sono gli attori che interpretano non tanto un personaggio inventato, quanto loro stessi, cercando di rappresentare chi credono di dover essere o sperano di riuscire ad essere, a seconda del palcoscenico sul quale si recita e a seconda del pubblico che osserva”.
Erving Goffman non è stato solo un grande sociologo ma un eclettico studioso (si direbbe quasi pirandelliano) dei comportamenti umani. Goffman amava analizzare i suoi cases dal vivo, travestendosi talvolta da cameriere nei ristoranti, talaltra da tifoso alle partite di baseball. Fu proprio l’ambito sportivo a suggerirgli un titolo: la vita quotidiana come rappresentazione. Sì, perché a sua detta gli atleti professionisti espletavano, ad alti livelli, quella kermesse teatrale che ciascuno, nel proprio piccolo, mette in scena quotidianamente.