164 gol in 5 giornate in Serie A. Una media che non si vedeva dalla stagione 1950-51, esattamente 70 anni fa. Ma quello era il calcio del WM, uomo contro uomo a tutto campo senza coperture, e ai vari Nordahl, Boniperti e Lorenzi bastava superare il diretto avversario per trovarsi in porta. Ora il calcio è un po' cambiato e vedere così tanti gol fa nascere qualche riflessione. Gli stadi vuoti fanno perdere la concentrazione ai difensori? Non avere il brusio di disapprovazione spinge gli attaccanti a rischiare qualcosa in più?
Domande a cui è difficile dare una risposta. La certezza è che la pandemia ha tolto molte certezze. Ai vertici dei massimi campionati europei ci sono squadre che non ti saresti aspettato alla vigilia (Everton, Real Sociedad, Lille, Lipsia, Milan) e, anche se nel caso di Francia e Inghilterra le capolista sono affiancate da habitué come Liverpool e Psg, e in Spagna e Germania Real e Bayer sono staccate di un solo punto dalla vetta, è anche vero che risultati impensabili e sorprese nelle zone alte della classifica sono ormai all'ordine del giorno.
Nel caso dei tanti gol segnati nel nostro campionato, però, oltre alle facili domande legate all'assenza di pubblico, le spiegazioni possono anche essere diverse. E' ormai normale, per esempio, vedere la maggior parte delle squadre cercare di non buttare mai via la palla, rischiando giocate a pochi metri dal portiere. Considerando che il pressing è spesso portato a livelli altissimi, è abbastanza logico che aumenti la possibilità di errore, da parte delle difese, e l'opportunità di trovare il gol da parte di chi attacca. La ricerca di un calcio offensivo e basato sul possesso palla (magari prolungato nella propria trequarti per poi lanciarsi in verticale dopo aver superato le prime linee di pressione), è una costante anche per le piccole squadre. Basti pensare alla qualità delle giocate offensive delle neopromosse (Benevento, Crotone e Spezia).
Insomma, l'assenza di pubblico e il complicato lavoro sulla preparazione atletica, reso difficile dalle date compresse di due stagioni funestate dal Covid, hanno cambiato i riferimenti più familiari. Ma la costante ricerca di un gioco d'attacco è una piacevole certezza che sta coinvolgendo anche un calcio storicamente conservativo come quello italiano.