“Quando osservo la mia mano destra, e mi accorgo che mancano il medio e l’anulare, non provo alcuna fitta allo stomaco. Semmai sorrido. Penso a come le ho perse, alle mie origini umili da operaio, al calcio che mi ha reso famoso, ma non arricchito”. Bernard Dietz è stato uno dei più forti terzini sinistri d’Europa di tutti i tempi. Con la nazionale tedesca ha vinto un Europeo nel 1980, ha indossato la maglia della Nationalmannschaft in 53 occasioni, è stato l’erede di Höttges e il concorrente di Breitner.
Tutti aspetti di vita legati sempre e comunque alla Germania Ovest, perché a livello di club Dietz non ha mai voluto di proposito ascoltare sirene o lasciarsi sedurre dal marco pesante. Ha iniziato nel Duisburg e ha concluso con lo Schalke 04, due squadre impegnate quasi in via esclusiva a salvare la pelle in Bundesliga. Mai un acuto, mai un’etichetta da rivelazione, soltanto sangue, sudore e lacrime. E a Dietz tutto questo è sempre andato bene. “Mio padre Franz era un minatore, io ho iniziato a lavorare da fabbro che avevo 11 anni. Giocavo a pallone quando potevo, mi ricavavo gli spazi tra un turno e l’altro in fabbrica. Ho applicato la dimensione operaia anche al pallone”.