Lebowski, seduto sul cesso, guarda da dietro gli occhiali scuri i suoi aggressori uscire da casa dopo averlo assalito insultato; Renton, come in un trip, si immerge dentro il cesso più lurido di Scozia per recuperare le supposte di oppio cadute in acqua, infine emerge in trionfo dalla porcellana sporca; i borghesi di Buñuel conversano a tavola, sbracati sui cessi, di arte, di inquinamento e di escrementi fino a quando uno dei commensali va in bagno a mangiare; Elvis Presley una sera d’agosto, colpito da collasso, muore sulla tazza del cesso.
“Non ho Dio tra i miei amici, l’ho cercato spesso, forse nei momenti, nei luoghi sbagliati, ma ne sento la mano, nella bellezza delle cose, negli interrogativi che l’amore mi fa piangere. C’entra anche lui con il mio velocissimo declino. Non so quanti ce ne siano in circolazione, appartengo alla categoria di quelli che lo vedono nella maestà delle cose senza sentirne il calore nel cuore. Una cosa infame.”
Il poeta Daniele Mencarelli ha bevuto, ha pulito i bagni degli ospedali, si è drogato infine Dio si è presentato portando il suo odore forte, la sua presenza animale, la sua potente ombra; lo ha incontrato nelle corsie degli ospedali e mentre ramazzava il sudicio dei water, quello stesso che un giorno Oliver Straube sputò addosso a Andreas Brehme, ex grande terzino tedesco dell’Inter.