Diego Armando Maradona si lascia alle spalle una vita fatta di vette altissime e di precipizi profondi, ma soprattutto una carriera leggendaria come poche altre nella storia del calcio. Nato a Lanùs, a sud di Buenos Aires, il 30 ottobre 1960, El Pibe de Oro era considerato quasi all'unanimità il più grande calciatore di tutti i tempi. Cresciuto nell'Argentinos Juniors, esplose all'inizio degli anni '80 con la maglia del Boca, prima di varcare l'oceano e approdare al Barcellona nel 1982. Due anni dopo, il trasferimento al Napoli, dove arrivò la consacrazione a livello planetario: prima, nell'estate del 1986, il trionfo ai Mondiali messicani con la maglia dell'Argentina, poi i successi con quella partenopea. Due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una Coppa Uefa. Prima di precipitare in un tunnel che avrebbe di fatto messo fine alla sua carriera.
Per molti la personificazione del concetto stesso di genio e sregolatezza. Una tecnica sopraffina, un sinistro che incantava e un'intelligenza tattica fuori dal comune, ma anche quella vena di follia che emergeva in parte sul campo e in parte, purtroppo, anche fuori.
Il debutto tra i professionisti avvenne prima ancora di compiere 16 anni, il 20 ottobre 1976. Un record assoluto di precocità, che sarà battuto solamente 27 anni dopo dal suo futuro genero, Sergio Aguero. Con la maglia dell'Argentinos le prime grandi soddisfazioni, come il titolo di capocannoniere del campionato nel 1978 e la vittoria del Pallone d'Oro sudamericano 1979 e 1980.
Nel 1981 il passaggio al Boca Juniors e la consacrazione nel panorama argentino, con il trionfo nell'Apertura dello stesso anno. La storia d'amore con gli Xeinezes durò solamente due anni, fino a quando il club fu costretto a venderlo per problemi economici e lui si convinse che era arrivato il momento di tentare la grande avventura in Europa.
Il Barcellona del presidente Nunez lo acquistò poco prima del Mundial spagnolo del 1982, ma quella con i catalani fu un'esperienza tra alti e bassi. Il palmarès racconta di una Coppa di Spagna, una Supercoppa e una Coppa della Liga, ma le cronache narrano anche di tanti infortuni e della famigerata rissa con Goikoetxea, contro il quale Diego si scagliò al termine di una sfida con l'Athletic Bilbao, per "vendicarsi" di un brutto fallo subito dal difensore basco qualche mese prima.
Nel 1984 la svolta più importante della sua carriera: il Napoli lo acquistò per 13,5 miliardi di lire e il 5 luglio lo presentò allo stadio San Paolo davanti a 80.000 persone. Ad anticipare le soddisfazioni con i partenopei, arrivò la gioia del Mondiale 1986, vissuto e conquistato da protagonista assoluto: 5 gol e 5 assist in 7 partite, con quella doppietta all'Inghilterra entrata nella storia e rappresentazione stessa della personalità di Maradona. Prima la Mano de Dios, con cui beffò Shilton e che giustificò come rivincita dell'Argentina sugli inglesi per la sconfitta nella guerra della Falkland, poi quella serpentina da lustrarsi gli occhi che ancora oggi viene considerata uno dei gol più belli della storia del calcio.
L'era d'oro di Maradona era però appena iniziata: guidato in panchina da Ottavio Bianchi, nel 1986/87 guidò il Napoli e la sua città alla conquista del suo primo Scudetto contro la Juventus di Platini, battendo i bianconeri in trasferta per la prima volta dopo 32 anni e ponendo le basi per quell'amore viscerale e incondizionato che dura ancora oggi. La stagione 1988/89 fu quella della tripletta sfiorata, con il trionfo in Coppa Uefa e in Coppa Italia, ma il secondo posto in campionato alle spalle dell'Inter dei record. Nel 1990, con Bigon al posto di Bianchi sulla panchina partenopea, il secondo scudetto e all'inizio della stagione successiva il roboante trionfo in Supercoppa contro la Juventus (5-1), ultimo trofeo sollevato con la maglia dei campani.
Il 1991 fu l'anno che sancì l'inizio della fine: trovato positivo alla cocaina al termine di un Napoli-Bari il 17 marzo, Diego fu squalificato per 15 mesi e dovette rassegnarsi a un traumatico addio alla città che lo aveva reso grande e idolatrato. Su spinta dei vertici della Fifa, che lo volevano a tutti costi ai successivi Mondiali, tornò al calcio giocato nel 1992/93 con la maglia del Siviglia, con il quale però disputò una sola stagione prima di far rientro in patria e accasarsi al Newell's Old Boys. Si ritirò dalle competizioni dopo appena cinque partite disputate, con l'obiettivo comunque di preparare il Mondiale di USA 1994.
La sua carriera si interruppe di nuovo bruscamente proprio durante la competizione statunitense, quando risultò nuovamente positivo a un controllo antidoping (in questo caso si trattò di efedrina). Dopo la squalifica tentò una breve e sfortunata carriera di allenatore, prima di tornare a vestire la maglia del Boca Juniors nel 1995, anno in cui gli venne anche conferito il Pallone d'Oro alla carriera. Trofeo che non aveva mai potuto conquistare "sul campo" a causa delle vecchie regole che lo riservavano ai soli calciatori europei. Il ritiro definitivo avvenne al termine del Superclasico contro il River Plate del 25 ottobre 1997.
Del Maradona tecnico si ricorda la sua esperienza da ct dell'Argentina, iniziata nel 2008 e terminata con l'eliminazione dai Mondiali di Sudafrica 2010 contro la Germania, con in mezzo una squalifica di due mesi per insulti ai giornalisti. Altre esperienze da allenatore furono quelle negli Emirati Arabi (prima all'Al-Wasl, poi al Fujairah) e in Messico (nel 2018/19 con i Dorados, con cui vinse il campionato di seconda divisione), Nel 2019 il ritorno in Argentina, sulla panchina del Gimnasia La Plata, del quale era ancora ufficialmente allenatore.
Padre di cinque figli, di cui uno - Diego Jr - riconosciuto solamente nel 2007, avuti da quattro donne diverse, Maradona ha vissuto sempre "oltre". Tanto sul campo quanto fuori. Le dipendenze dalla droga e dall'alcol, come da lui stesso ammesso, furono fantasmi che lo tormentarono per tutta la carriera. I problemi di salute più gravi, però, iniziarono dopo il ritiro dall'attività agonistica, quando si sommarono all'obesità e lo costrinsero a interventi chirurgici (tra cui due bypass gastrici), ricoveri spesso improvvisi e piani di riabilitazione e disintossicazione. Le sue condizioni erano peggiorate a inizio novembre, quando fu costretto a subire un intervento chirurgico per la rimozione di un ematoma al cervello. Tre settimane dopo, il decesso che ha gettato nel lutto intere generazioni di sportivi e di appassionati. Nello stesso giorno in cui morì un'altra leggenda come George Best e uno dei suoi più controversi e storici amici, Fidel Castro.