Dopo la morte di Maradona, l'ex commissario tecnico argentino César Luis Menotti ha ricordato Diego puntando anche il dito contro chi si occupava di lui. "Sono sommerso dal dolore, come se fossi coperto di m***a - ha raccontato a Repubblica -. Se mi aspettava questa morte? In passato sì, non mi avrebbe sorpreso, ma non ora". "Se n’è andato da solo, abbandonato, in una casa senza neppure il bagno, e questo è una follia, per me il dolore più grande - ha aggiunto -. Gli hanno succhiato il sangue".
Parole dure, rincarate dal resto delle dichiarazioni dell'ex ct argentino sulla scomparsa di Maradona. "Mi feriva anche vedere come si era ridotto negli ultimi mesi - ha continuato Menotti -. Andò ad allenare il Gimnasia e non si reggeva neppure in piedi". "Credo fosse maledettamente difficile essere Maradona, me ne sono accorto negli anni che abbiamo trascorso insieme - ha proseguito -. Doveva accettare continui compromessi, era circondato da tanti, però credo che in pochissimi gli volessero bene".
"Era immortale ma non era dio, non era un modello morale e non voleva esserlo, non era neanche Pelé - ha proseguito l'ex ct parlando ancora di Diego -. Era un ragazzo che aveva sofferto e un uomo che voleva vivere a modo suo". "Quando giocava, sì, è stato il più grande del mondo - ha aggiunto -. Diego col pallone ha fatto cose incredibili. Senza le marcature criminali di Gentile e Tardelli, e senza quell'arbitro Rainea, forse ce l'avremmo fatta anche nell'82".
"Dopo la squalifica per doping del ’90, mi disse: 'Io devo essere infelice' - ha continuato Menotti -. Era contento solo in campo. Penso che avesse paura di non essere più amato e questo era impossibile". "Gli dicevo: hai tutto, sei Maradona, hai figlie bellissime - ha concluso -. La sua ansia era ingovernabile. Qualcuno ha detto che era come se ogni giorno pensasse di dover segnare un gol agli inglesi. Una condanna".