Bergomi, capitano e gentiluomo

Un omaggio allo Zio, che compie 57 anni

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Nel ritiro della spedizione azzurra ai mondiali di Francia ’98 c’è un ragazzo di quasi 35 anni che ha appena terminato l’ennesima stagione, forse la più bella, in maglia nerazzurra. Il ct Cesare Maldini gli ha chiesto la disponibilità anche con la prospettiva di stare sempre in panchina e Beppe Bergomi non ci ha pensato due volte. La convocazione vale così la quarta partecipazione a una Coppa del Mondo e la fine di un digiuno iniziato sette anni prima, quando l’allora ct Arrigo Sacchi riteneva Bergomi ormai superato, rappresentante di un calcio antiquato, quello della marcatura a uomo, pronto a finire definitivamente in soffitta negli anni Novanta.

Beppe ha attraversato due decenni di storia del fútbol riuscendo a sopravvivere all’evoluzione della specie, facendo sempre di necessità virtù ed entrando in punta di piedi negli spogliatoi dei grandi, con l’umiltà di chi ha come primo scopo quello di imparare. Il soprannome Zio, suo autentico marchio distintivo, se lo porta dietro fin dal suo ingresso nello spogliatoio interista, quasi vent’anni prima, affibbiatogli dal compagno di squadra Giampiero Marini per quei baffi assolutamente inusuali per un sedicenne. Il mediano Marini e l’ala sinistra Muraro avrebbero poi preso il ragazzo di Settala sotto la loro ala protettrice, svezzandolo per farlo diventare uno dei più grandi esempi di attaccamento alla maglia nerazzurra.

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