Ieri Serginho Chulapa ha compiuto 67 anni. Se nel campionato brasiliano è stato uno degli attaccanti più pericolosi e letali di tutti i tempi, non si può dire la stessa cosa quando gli è stata affidata la numero 9 della Selecão. In verdeoro Serginho ha messo in mostra un autentico repertorio di occasioni gettate ai rovi, di clamorosi errori e di maldestri tentativi di addomesticare il pallone. Il culmine l’ha toccato ai mondiali spagnoli, risultando l’anello debole della squadra di Tele Santana. E se il compianto Paolo Rossi ha fatto piangere il Brasile, Serginho ha fatto sbellicare dalle risate i suoi più severi detrattori.
Eppure, esiste un rovescio della medaglia che andrebbe raccontato, e che in qualche modo potrebbe persino riabilitare Serginho da quello status di paracarro prestato al calcio. Il “mestre” Telê Santana non lo chiamò per lasciargli esprimere un qualche potenziale offensivo o per mettere a ferro e a fuoco le aree avversarie. Nelle intenzioni del commissario verdeoro Serginho avrebbe dovuto indossare i panni della boa, della sponda che consentisse ai tre tenores, Socrates, Zico ed Eder, di infilarsi in area di rigore approfittando degli spazi preparati dal centravanti del Sao Paulo.