Oggi i terzini sono la merce più pregiata su un campo da calcio. Sembra che quasi non si possa più avere una squadra vincente se non con uno o due fluidificanti che in realtà sono degli attaccanti aggiunti. Sono come i pantaloni a zampa d’elefante negli anni Settanta o quelle scarpe col rialzo degli anni Novanta di cui non citeremo la marca per non fare pubblicità. Comunque se non li avevi eri out, un reietto della società. Sarà anche per questo motivo, per seguire la moda dei terzini dominanti, che il Sona (Serie D) ha riportato in Italia Maicon? Sì, l’ex Inter e Roma, uno dei più grandi interpreti, probabilmente, degli ultimi cinquant’anni.
La dritta di Guidolin
“Questa storia è nata tre mesi fa, quasi per gioco, ma convincere il giocatore è stato più semplice di quanto mi aspettassi – ha spiegato così la trattativa Claudio Ferrarese, il d.s. del club del veronese – Col Sona ci alleniamo praticamente sul Lago di Garda, uno scenario davvero suggestivo e molto vicino a quella Milano che Maicon tanto ama. Voleva tornare a divertirsi in Italia e questo ci ha permesso di chiudere un’operazione incredibile, senza precedenti nella storia del calcio”.
Oddio, da Verona a Milano ci vogliono pur sempre due ore, ma cosa volete che siano due ore per uno che in campo sembrava un treno? Sisenando Maicon Douglas, chiamato così dice la leggenda perché la mamma voleva omaggiare l’attore Michael Douglas e l’impiegato dell’anagrafe o chi per lui sbagliò a scrivere, è stato unico nel suo genere. Uno di quei rarissimi casi in cui poteva generare un pericolo pur essendo a novanta metri dalla porta avversaria, perché poi partiva, prendeva velocità, i compagni lo servivano sulla corsa e lui o crossava o direttamente tirava, magari incuneandosi verso il centro del campo. Un attaccante aggiunto, insomma, ma che era travestito da difensore.