Se gli scacchi diventano pop

Un gioco che deve tornare popolare restando se stesso

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The Queen’s Gambit, tradotto in “La Regina degli scacchi”, è il titolo della celebre miniserie Netflix nata dall’adattamento di un romanzo scritto da Walter Travis. Sul prodotto televisivo è già stato detto praticamente tutto in questi mesi: un successo quasi unanime, capace di catalizzare l’attenzione su un gioco, quello degli scacchi, spesso sottovalutato. Emerge un dato evidente nella serie: l’attenzione attorno agli scacchi è molto più pressante nell’ Unione Sovietica rispetto a quanto lo sia negli USA di quegli anni.

La rivalità scacchistica tra le due super potenze rappresenta un’ulteriore terreno di scontro durante la guerra fredda.

Nell’Unione Sovietica gli scacchi hanno una natura decisamente più popolare; ne parlano spesso anche i protagonisti americani, innalzando l’impero sovietico a casa di tutti gli scacchisti. Senza timori di spoiler, è proprio a Mosca che la protagonista osserva ammirata distese di tavoli predisposti in luoghi pubblici, dove chiunque può esercitare l’arte dell’antico gioco di provenienza araba. Il motivo reale di tale attenzione è squisitamente storico: gli scacchi inizialmente venivano percepiti in Russia, e quindi nel resto del mondo, come un’attività elitaria.

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