CONTRASTI

Berbatov, il più elegante svogliato di sempre

Compie oggi 40 anni un gentiluomo del pallone.

Ci si dimentica troppo spesso di ringraziare gli dèi del pallone. La penna di Gianni Brera partorisce un vocabolo specifico per sintetizzarli tutti in una sola divinità: Eupalla, la dea che presiede alle vicende del calcio ma soprattutto del bel gioco (dal greco eu, «bene»). Divinità benevola che assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi. Dimitar Berbatov è senza dubbio nel novero degli assistiti. La sua grande passione è la Premier League. Gira un po’ ovunque, in Europa. Non approda mai in Italia, sfiorando la penisola sotto le ipotesi di Juventus e Fiorentina. Inizia a farsi un nome nella squadra che tifa sin da piccolo, il CSKA Sofia. Ma litiga coi tifosi, e deve lasciare il club bulgaro.

La madre di Berbatov vede in questo evento il punto più basso della sua carriera. Le origini sono tutto. Si trasferisce così al Bayer Leverkusen. Con le Aspirine perde la finale di Champions League, competizione per lui maledetta – è costretto ad accettare, da casa, non convocato per la sfida, anche la sconfitta contro il Barcellona (3-1) di Pep Guardiola, quando veste la maglia del Manchester United (nel 2011).

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