Il paradosso di giocare senza piede debole

Avere un piede non è cosa da poco, figurarsi averli entrambi

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Il 4 novembre 2017, in un Bologna-Crotone senza troppe aspettative, Simone Verdi entra nella storia del calcio da un ingresso esclusivo. Al 38′ segna su calcio di punizione dal lato destro, all’altezza dei 25 metri, calciando col sinistro sopra la barriera. Pochi minuti dopo, allo scadere del primo tempo, si ripete dal lato opposto, battendo nuovamente Cordaz ma questa volta con il piede destro. Realizzare due piazzati nella stessa partita con entrambi i piedi è un capolavoro balistico che conta solo un precedente, quello di Marcial Pina, centrocampista spagnolo dai piedi educati e un volto hollywoodiano che in un Barcellona-Atletico Madrid del 1978, con indosso la maglia colchonera, riuscì nello stesso prodigio di tecnica.

Il fascino di quei due gol, segnati in un ristretto intervallo di tempo, aveva sfumature diverse: lo stupore per aver assistito a qualcosa che su un campo da calcio non si era praticamente mai visto, la meraviglia per quella manifestazione così pura del talento, e la delizia estetica data dall’assoluta continuità stilistica dei due calci da fermo. Erano due gol, due momenti diversi, ma sembravano uno visto allo specchio, con la differenza che sul secondo Cordaz tenta la parata invece che guardare, immobile e sconfitto, il pallone depositarsi in rete. Lo slancio della gamba, l’intensità del calcio, la conclusione del movimento dopo l’impatto erano pressoché identici. Cambiava solo l’angolo di rincorsa e la parabola del tiro, piccole modifiche dovute alla posizione leggermente diversa dei punti di battuta.

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