Il talento strappato al Suriname

Il colonialismo olandese nello sport

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Il 31 luglio del 1667, con la firma sul trattato di Breda, Carlo II d’Inghilterra metteva la parola fine alla seconda guerra anglo-olandese. La stipula dell’accordo prevedeva, tra le altre cose, l’acquisizione del controllo di una fiorente città sulle rive del fiume Hudson, in America del Nord, che da Nieuw Amsterdam sarebbe stata ribattezzata New York. In cambio, la corona lasciava ai Paesi Bassi la garanzia per il possesso totale di un piccolo Paese nel nord-est del Sud America, chiamato ai tempi Guyana Olandese ed oggi noto come Suriname, perfetto per ospitare quelle immense monocolture tipiche del colonialismo schiavista.

Comincia così, con uno scambio “alla pari” con New York, la storia del dominio nederlandese su questa terra: un dominio travagliato, intriso di sangue e razzismo – come tutte le storie coloniali – che durerà ufficialmente fino al 1975 ma che continua a persistere anche oggi nei rapporti di subordinazione moderni. Un dominio che, oltre a cacao, caffè e bauxite (minerale che abbonda nel Paese) porterà l’Olanda a depauperare il Suriname di una risorsa rara e ricercata: il talento calcistico.

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