Gustavo Thoeni compie 70 anni. Le sue vittorie hanno fatto amare lo sci agli italiani, una generazione prima che esplodesse la Tombamania. Cannibale silenzioso, capace di conquistare 4 Coppe del mondo, un oro olimpico e 4 ori mondiali. Campione di stile e di eleganza tra i pali, capace di affrontare senza paura anche la discesa libera e di metttersi al servizio dei colori azzurri anche dopo avere smesso di vincere.
“Monzon, Panatta, Rivera, D'Ambrosio, Lauda, Thoeni, Maurizio Costanzo, Mike Bongiorno, Villaggio, Raffa, Guccini”: in tre soli versi di “Nuntereggae più” e con metrica perfetta, l’indimenticato Rino Gaetano fotografava in maniera ineccepibile l’Italia di metà anni Settanta. Un’Italia angosciata dagli anni di piombo, che cercava evasione nei giochi a quiz, che voleva ballare con Raffaella Carrà, ridere con Paolo Villaggio e magari sputare fuori del veleno cantando le canzoni di Guccini.
E poi c’era lo sport. Il calcio era sempre il calcio, ma senza il predominio di oggi: la Nazionale italiana veniva dal fallimento del Mondiale tedesco 1974, sarebbe ripartita davvero solo nel 1978 in Argentina. La serie A era totalmente autarchica e le squadre italiane in Europa prendevano mazzate spesso e volentieri. Ma c’erano tanti buoni motivi per provare l’orgoglio di essere italiani. La Ferrari arrivava davanti a tutti spesso e volentieri. Niki Lauda vinse il Mondiale del 1975 e avrebbe vinto anche quello successivo senza il tremendo incidente del Nurburgring. Adriano Panatta vinceva i titoli di Roma e Parigi nel 1976 trascinando la squadra azzurra alla conquista della Coppa Davis alla fine di quell’anno magico. E poi c’era lui: Gustavo Thoeni.
Una generazione prima di Alberto Tomba, Thoeni è stato il simbolo di uno sport al quale l’Italia torna periodicamente ad appassionarsi solo quando compare una stella molto luminosa. In quegli anni si parlava di Valanga Azzurra perché erano diversi gli azzurri in grado di alternarsi sul podio: Paolo De Chiesa, Fausto Radici, Helmut Schmalz, Franco Bieler, Herbert Plank, Erwin Stricker, Piero Gros. Erano tutti forti, ma Gustavo Thoeni era di un’altra categoria, era il leader silenzioso di quel gruppo straordinario, capace di vincere 4 volte la Coppa del Mondo generale dal 1971 al 1975, in mezzo solo un trionfo dell’altro azzurro Piero Gros. E forse era proprio Gros l’unico vero rivale di Thoeni in quella squadra, anche per caratteristiche fisiognomiche. Thoeni ha sempre parlato poco e sciato con una classe immensa, Gros è un piemontese con un moderato tasso di faccia tosta e con uno stile di sciata basato sul furore. Thoeni danzava tra i pali, Gros li divorava. Nella bacheca di Gustavo però c’è di tutto: a parte le 4 Coppe del mondo generali, anche 5 coppette di specialità, un oro e due argenti olimpici, 4 ori mondiali. Pierino oltre alla Coppa del Mondo 1974 si è fermato a un oro olimpico, un argento e un bronzo ai Mondiali e una Coppa di gigante.
Altoatesino di Trafoi, Thoeni ha iniziato a sciare quando aveva 3 anni e ha iniziato a vincere quando non ne aveva ancora 19, nel gigante di Val d’Isère dell’11 dicembre 1969. Splendido interprete delle specialità tecniche, 69 podi in carriera in totale, fenomeno in gigante e fortissimo nello slalom speciale, a un certo punto è stato capace di improvvisarsi anche discesista. Quando la Coppa del Mondo ha cambiato il suo regolamento per premiare gli atleti polivalenti prima di ogni altra qualità, Thoeni è stato capace di arrivare secondo in discesa libera sulla leggendaria Streif di Kitzbuhel. Il giorno era il 18 gennaio 1975, vinse l’immenso Franz Klammer ma il vincitore morale risultò proprio Gustavo, battuto di un solo centesimo che una successiva rilevazione cronometrica ridusse a soli 3 millesimi. Praticamente niente.
Ma la gara più iconica della carriera di Thoeni resta lo slalom parallelo che chiuse la Coppa del Mondo del 1974-75 il 23 marzo a Ortisei, in Val Gardena. A quell’appuntamento, Thoeni arrivò con gli stessi punti del suo erede designato, lo svedese Ingemar Stenmark. Per usare un paragone calcistico, decidere tutto in uno slalom parallelo è un po’ come disputare ai rigori la finale del Mondiale. E a Ortisei quel giorno, domenica delle Palme, c’era un tifo da stadio, 50.000 persone in delirio. L’Italia spingeva il suo eroe lungo i vari turni della gara, fino alla finale. E la finale, giusto per ammantare tutto di leggenda, se la giocarono proprio Thoeni e Stenmark. Una guerra di nervi tra due atleti apparentemente molto simili nella loro glacialità. Ma Stenmark era più giovane, Thoeni percepiva invece che probabilmente quella sarebbe stata l’ultima occasione per conquistare la Coppa del mondo e se la giocò nel migliore dei modi, costringendo lo svedese a inforcare a due porte alla conclusione della finale e a rinviare di un anno la gioia della sua prima “sfera di cristallo”.
Glaciale, in realtà, Thoeni lo è solo in apparenza. Gli amici di una vita lo descrivono con un simpatico compagno di viaggio. È stato preso in giro per anni a causa di quel modo di parlare così impacciato (del resto è di madrelingua tedesca), ma poi, finita l’attività agonistica, ha confessato che lo faceva un po’ apposta. Non gli piaceva molto rilasciare interviste, dopo un paio di risposte alla sua maniera ci si stufava facilmente di fare domande. E a lui andava bene così.
Dopo quel meraviglioso parallelo di Ortisei, la carriera di Thoeni ha iniziato la sua parabola discendente. Nella Coppa del Mondo 1975-76 arrivarono ancora 9 podi, l’anno successivo una sola vittoria nella combinata dell’Hannenkamm e 5 podi complessivi. Ultimo podio in assoluto il terzo posto nello slalom di Are, in Svezia, l’11 febbraio 1980. Un mese dopo l’ultima gara della sua carriera, a Saalbach in Austria, 15° posto in slalom. Chiusa la carriera attiva, Thoeni ha poi corroborato il suo mito collaborando alla costruzione del fenomeno Alberto Tomba, nelle vesti di suo allenatore personale. Poi è stato direttore tecnico della squadra maschile e direttore generale delle nazionali maschile e femminile. Niente di che rispetto alle imprese straordinarie sulle piste.
Adesso Gustavo Thoeni (Gustav per la verità) è un signore di 70 anni che gestisce il suo albergo a Trafoi, che sorride molto più di quando vinceva, che si fa invitare volentieri a prendere un caffè ma poi dice che in realtà preferisce una birretta. E questo particolare fa capire molto di quanto la sua immagine precedente fosse un po’ distorta. E comunque nel giorno dei suoi 70 anni si merita tutti gli auguri di questo mondo. Ha fatto sognare una generazione che ne aveva tanto bisogno.