Sta giocando ancora. È lì, con il Yokohama FC, da non confondere con i Marinos, da cui la carriera di Shunsuke Nakamura ha preso il via ad alto livello. Qua siamo ai livelli di Inter e Milan, il primo come “costola ribelle” del corpo principale, e infatti il club è nato appena nel 1999: eppure Nakamura è sempre lì, nel mezzo, a telecomandare il gioco con quel suo piede sinistro assolutamente vellutato, fatato. Un po’ più giovane, è ovvio, rispetto al decano dei calciatori vecchietti, Kazu Miura: eppure di ritirarsi manco a parlarne. Per non parlare del cambio di vita radicale deciso dall’altro fenomeno giapponese transitato in Italia, Hidetoshi Nakata, che si è trasformato in una sorta di globe-trotter, di turista perenne. No, Nakamura gioca ancora, nella J-League, la Serie A del Sol Levante: e va bene, non è il campionato più competitivo del mondo, ma potrebbe anche godersi la pensione invece di correre (non tantissimo, a dire il vero) dietro a un pallone. Però quando ti hanno intitolato addirittura un asteroide, come per i supereroi, le responsabilità aumentano.
“Troppo leggero”
Nell’estate del 2002 in Giappone si stanno disputando (a braccetto con la Corea del Sud) i Mondiali di calcio. I padroni di casa hanno un’ottima squadra ma cadono, in un ottavo di finale particolarmente rognoso, contro la futura terza classificata del torneo: la Turchia. Tra i 23 convocati del commissario tecnico Philippe Troussier c’è l’ex stella della Roma e all’epoca al Parma, Hidetoshi Nakata, forse il giapponese più forte di sempre, e altri centrocampisti molto interessanti come Inamoto e Ono, rispettivamente dell’Arsenal e del Feyenoord. In rosa cercano spazio anche i futuri “italiani” Yanagisawa e Ogasawara, che giocheranno con la Sampdoria e, soprattutto, il Messina.