L'abbraccio collettivo al novantesimo prova quanto questa tappa fosse considerata una di quelle decisive per il traguardo finale. L'Inter vince una di quelle partite che ti fanno capire che è l'anno giusto. Soffre, subisce, fa una grande fatica a costruire gioco e la risolve con un gol di un difensore su calcio piazzato. La storia insegna che lo scudetto si vince anche, se non soprattutto, così. Nella straordinaria cavalcata dello scudetto '88/'89, qualche striminzita vittoria casalinga (Cesena, Bologna, Verona) ha contribuito a creare una leggenda.
Questa squadra non avrà la qualità individuale di quella del record di punti del Trap, di quella del Triplete o dell'Inter di Herrera, ma ha la stessa capacità di soffrire e maggiori conoscenze collettive. Non si arriva a ottenere 50 punti in 19 partite (un girone intero da Atalanta ad Atalanta) o 7 vittorie di fila subendo solo due gol, senza un'organizzazione perfetta che ti renda capace di interpretare al meglio i vari momenti della partita. Il cammino nerazzurro di questa parte di stagione ha un solo paragone europeo: il Manchester City di Guardiola. E non è poco.
Da qui alla fine ci sono, sulla carta, altre tre insidie: la trasferta di Napoli, la sfida con la Roma, che visto il rendimento dei giallorossi contro le grandi forse non costituisce un ostacolo particolarmente complicato, e la partita con la Juve a Torino, che però arriva alla penultima giornata. Facile capire perché lo scontro con l'Atalanta fosse particolarmente sentito. La squadra di Gasperini, poi, è quella che più di tutte ti impedisce di ricorrere alle giocate abituali. Il pressing portato uomo su uomo (accettando la parità numerica in difesa) blocca la normale risalita del campo e anche le traiettorie della soluzione lunga per Lukaku vengono sporcate dall'aggressività dei bergamaschi. Poche le soluzioni anche perché, bloccato Brozovic da Pessina, l'unico giocatore con un po' di libertà, visti i metri che ogni tanto gli concede Freuler, è un Vidal non particolarmente brillante in fase di impostazione.
Senza soluzioni offensive, all'Inter non resta che resistere con una difesa posizionale sfruttando un blocco compatto di reparti vicini in cui anche Lautaro è chiamato a rientrare verso la parte sinistra del centrocampo. Nonostante tutte queste premesse, sono arrivati i tre punti e forse nell'unico modo possibile: lo sfruttamento di un calcio da fermo. L'ennesima dimostrazione che questo sembra davvero l'anno giusto.