Un miliardo abbondante di euro in nuovi acquisti per due coppe nazionali e un’Europa League: il Manchester United dell’era post-Ferguson è un ottimo esempio di come risorse quasi illimitate, se non accompagnate da una visione progettuale forte, siano destinate a partorire il classico topolino. Dopo Ferguson, la cui linee programmatiche non si limitavano al rettangolo di gioco ma toccavano ambiti manageriali a tutto tondo, non è più esistito un Manchester United di “qualcuno”. Nelle ultime stagioni ci sono stati il Manchester City di Guardiola e il Liverpool di Klopp, ma anche, allargando il discorso ad altre corazzate europee, il Bayern Monaco di Heynckes, il Real Madrid di Zidane, la Juventus di Allegri, il Barcellona di Luis Enrique. Poco o nulla da segnalare invece sul fronte United: i vari Moyes, Van Gaal, Mourinho e (finora) Solskjaer sono stati per i Red Devils materiale da statistiche, non da libri di storia. Non è un caso, tornando all’Inghilterra, che il Manchester United sia in procinto di perdere, proprio a favore di City e Liverpool, la corona di club più ricco del calcio britannico.
Gli inglesi usano il termine juggernaut per indicare qualcosa dotato di una forza inarrestabile. Il Manchester United è uno juggernaut calcistico, in quanto è, proprio come le unità juggernaut presenti in numerosi wargames e videogiochi strategici che hanno sdoganato il termine a livello globale, talmente robusto, nel suo caso a livello finanziario, da risultare apparentemente impermeabile ai mutamenti del contesto circostante.