L’erba perfettamente tagliata e umida dei campi di allenamento della Manchester City Academy è probabilmente, nell’attualità, il miglior terreno sul quale una giovane promessa del calcio britannico può sognare di formarsi. Nel caso di Jadon Sancho, tuttavia, fu praticamente il contrario. Il talento inglese classe 2000 che nell’estate del 2015 fu rapito dai talent scout della squadra di Manchester, che lo sottrasse al Watford, club nel quale era cresciuto, aveva attaccata l’etichetta di fenomeno in divenire.
Di origini caraibiche, il talento londinese calcava il modello di attaccante sgusciante e talentuoso che prima di lui avevano incarnato Theo Walcott e Raheem Sterling, due figli della nuova concezione di calcio inglese che avevano beneficiato delle loro caratteristiche genetiche da velocisti. Fulmineo con la palla tra i piedi, il giovane Sancho aveva impressionato più per i dribbling stretti rispetto ai suoi due predecessori, i quali facevano dello scatto la loro principale prerogativa.