La pandemia ha scalfito le poche certezze rimaste. La Formula 1 camminava su un filo sottile, mantenendo con fatica l’equilibrio. Il Covid ha dato la spallata alle velleità di ripartenza: di dollari ne girano sempre meno, ora l’obiettivo è contenere le spese. Prima il congelamento degli sviluppi su telai e motori, poi il famigerato budget cap. Ora il mirino è puntato sull’ultimo anello della catena: i piloti. Folli, tenaci, belli e soprattutto ricchi. Uno stereotipo che – almeno sotto l’aspetto economico – stride con i conti malconci della F1 odierna.
La Federazione Internazionale e Liberty Media (proprietaria della F1) stavolta fanno sul serio. La soluzione per evitare di imboccare un sentiero estraneo e tenebroso si chiama “salary cap”. Termine spesso abusato nel calcio ma che è realtà soprattutto negli sport americani: basket (in NBA), ma anche football (NFL) e hockey su ghiaccio (NHL). I vertici della Formula 1 stanno per avanzare una proposta ai team per istituire un tetto massimo agli ingaggi dei piloti. Le indiscrezioni della stampa internazionale parlano di un limite di 30 milioni di dollari per i due piloti titolari più le riserve. Sarebbero esclusi i bonus legati ai risultati e i diritti d’immagine.