IL GIOCO DI CONTE

Azioni veloci in verticale e pochi tocchi: anche questo è spettacolo

Nonostante le critiche alla manovra nerazzurra, in più di un'occasione certe giocate, oltre che vincenti, sono state anche esteticamente apprezzabili

Partendo dal presupposto che i tifosi vogliono vincere e che dell'estetica se ne fregano abbastanza, nel corso della stagione ha tenuto banco la discussione sulla qualità del gioco dell'Inter. Una discussione abbastanza stucchevole, visto che i canoni su cui si basa il concetto di spettacolo, nel calcio, sono soggettivi anche uscendo dai binari del tifo. Perché un prolungato possesso palla deve attrarre di più di un approccio più immediato all'area avversaria?

A inizio stagione Conte ha provato a esasperare le linee guida del calcio posizionale incentivando l'uscita dal basso e la ricerca ossessiva del giocatore libero dietro la prima linea di pressione avversaria. Un esperimento legato al fatto che certe soluzioni (palla su una delle punte, scarico per l'altra o per chi arriva da dietro e attacco alla profondità) erano ormai state studiate dagli avversari che avevano trovato le contromisure. Dopo un periodo di assestamento, l'Inter è tornata a cercare con insistenza le sue giocate classiche, rese imprevedibili dalla capacità unica di Lukaku di difendere il possesso e di permettere ai compagni di lanciarsi in verticale. 

La rete di Darmian al Verona, che in pratica è stata quella dello scudetto, è arrivata con un pallone profondo per l'attaccante belga che ha toccato per Sanchez che ha premiato la sovrapposizione interna di Hakimi: palla all'altro esterno arrivato in corsa e gol partita. Pochi secondi per una delle azioni codificate che Conte fa ripetere fino alla nausea. E questo è uno dei segreti di questa squadra: un'organizzazione perfetta con movimenti studiati. E nessuno può negare che l'azione appena descritta non sia stata anche piacevole da vedere (a meno di essere un tifoso del Verona). 

Nel DNA dell'Inter c'è il retaggio di un gioco di attesa, molto fisico e alla costante ricerca del ribaltamento dell'azione. Molti hanno paragonato la squadra di Conte a quelle di Mourinho, Trapattoni o Herrera. La differenza sostanziale, però, è che quelle grandissime formazioni del passato non possedevano l'organizzazione scientifica di quella attuale. Certo, il calcio nel frattempo è cambiato ma sono comunque pochi gli allenatori capaci di incidere così tanto nella struttura di gioco di una squadra come fa, da sempre, Antonio Conte. 

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