Se oggi chiedeste a un interista quale sia stata la partita chiave della stagione vi risponderebbe che è stata quella con la Juve del 17 gennaio, spiegandovi che quella vittoria ha dato al gruppo la consapevolezza di aver colmato il gap coi bianconeri e la convinzione di poter spodestare i rivali di sempre. A scudetto conquistato ci sono però per noi anche altri match che in un'ottica "sliding doors" ci appaiono altrettanto decisivi: Torino e Sassuolo all'andata, Cagliari sia all'andata che al ritorno e ancora gli scontri diretti con Napoli (andata) e Lazio, Milan e Atalanta nel ritorno.
Ventidue novembre 2020: l'Inter che già annaspa in Champions (due pareggi con Borussia M'Gladbach e Shakhtar e sconfitta con il Real) ospita il Torino (ottava giornata), è settima in classifica a cinque punti dal Milan capolista e in sette partite di campionato ha già incassato 11 reti. Al 62esimo è sotto di due gol: la peggior prestazione dell'anno dà fiato ai conteout e sembra diventare l'annuncio di una stagione fallimentare. In 24 minuti, dal 64esimo al 90esimo, tutto però cambia: Sanchez, due volte Lukaku e Lautaro ribaltano il Toro. Tre punti che permettono di respirare, fanno classifica ma non allontanano le polemiche. Al termine del match lo stesso Lukaku sentenzia: "Non siamo una grande squadra". Il crollo però è scongiurato.
In settimana, però, arriva il pesante ko interno contro il Real in Champions. Sulla trasferta col Sassuolo del 28 novembre (nona giornata) aleggiano così le nubi più nere e i presagi più oscuri: tutti sul banco degli accusati, da Conte a Vidal arrivando persino a Lukaku e Lautaro. Per non parlare del caso Eriksen che tanto anima il dibattito social! E invece mentre in vetta risuona sempre più alto il coro rossonero "Pioli in on fire", al Mapei Stadium arriva da parte di Conte l'abiura del trequartista, col ritorno al classico 3-5-2, e con questa anche un 3-0 estremamente confortante.
Dopo questa doppietta arrivano altri 6 successi consecutivi. Eppure il vento della polemica e la ferocia della critica continuano a farsi sentire. Soprattutto perché il 9 dicembre il pareggio con lo Shakhtar sentenzia l'uscita dall'Europa. Apriti cielo! Qui una squadra senza una guida sicura, forte, competente, autorevole e autoritaria si sarebbe smarrita. E invece è l'esatto contrario: il 13 dicembre (undicesima giornata) l'Inter passa a Cagliari in una partita che pareva stregata, risolta solo a sei minuti dal novantesimo con il colpo di testa di D'Ambrosio, mentre tre giorni dopo, pur soffrendo enormemente anche se in superiorità numerica, regola il Napoli (dodicesima giornata) con il rigore conquistato da Darmian e realizzato da Lukaku.
Giunti così a metà dicembre il lungo testa a testa tra Milan e Inter appare quanto mai agguerrito. Una ricorsa-sorpasso che però sembra non concretizzarsi mai e persino il giorno del successo sulla Juve, il 17 gennaio (diciottesima giornata), i punti di vantaggio dei rossoneri restano tre, perché il 2-0 firmato Vidal-Barella è stato preceduto dal solo punticino raccolto in precedenza contro Sampdoria e Roma. Ma qualcosa quel giorno in effetti cambia, perché la vera rivale (o quella considerata tale) è battuta. Nettamente battuta. Il gap, insomma, è colmato. Da questa consapevolezza, che neppure il successivo pareggio di Udine riesce a scalfire, si riparte.
Nel girone di ritorno, che si apre una settimana dopo lo 0-0 del Friuli, l'Inter infila infatti 11 vittorie consecutive. Quella psicologicamente più pesante arriva il 14 febbraio a San Siro contro la Lazio (ventiduesima giornata): il 3-1 sui lanciatissimi biancocelesti è preceduto infatti dal ko di 24 ore prima del Milan contro lo Spezia, i tre punti significano così - finalmente - sorpasso. Un vantaggio che il derby di sette giorni dopo (ventitreesima giornata) amplifica: il 3-0 firmato dalla doppietta di Lautaro e dalla discesa travolgente di Lukaku regala il più quattro sul Milan. In una settimana l'Inter mangia così sei punti ai rivali e da quel 21 febbraio il divario non fa altro che allargarsi.
Questo anche perché la capolista non sbaglia praticamente nulla e non commette passi falsi, anche quando il coefficiente di difficoltà è elevatissimo. L'8 marzo l'Inter affronta l'Atalanta nel posticipo serale (ventiseiesima giornata) dopo che il Milan nel pomeriggio si è portato a meno tre con la vittoria a Verona. Su San Siro aleggiano le tabelle rimonta dei cugini, calcoli però spazzati via dalle parate decisive di Handanovic e dal destro a sorpresa di Skriniar.
Sei punti sulla seconda che nell'arco di un mese diventano addirittura undici quando l'11 aprile il piattone di Darmian suggella l'1-0 sul Cagliari (trentesima giornata): una vittoria che chiude una settimana intensissima (quella successiva alla pausa nazionali, con il triplice impegno Bologna-Sassuolo-Cagliari) e che precede la trasferta di Napoli da cui i nerazzurri tornano con un rassicurante pareggio. Da lì in poi, passo dopo passo, punto dopo punto (ricordiamo anche il soffertissimo 1-0 col Verona, vittoria nel segno ancora di Darmian) si è arrivati così fino a oggi, fino al meritatissimo scudetto numero 19. Bentornata Inter.