Da zimbello del villaggio a presidente della Lazio è un attimo. Claudio Lotito, d’altra parte, non è mai cambiato. Cresciuto tra Marino e Amatrice, porta i segni di un palato ben viziato sin dall’infanzia. L’imberbe Claudio è il migliore della classe. Al Liceo Classico può studiare, e con enorme successo, le tante voci del passato che si diletta ad incarnare, oggi, davanti alle telecamere.
Rivela alla Rosea – che non gli crede – di essere, all’epoca, tra i 100 studenti più bravi d’Italia. L’immagine è chiarissima: Lotito è il primo della classe perché per lui, a differenza degli altri, tagliare il traguardo è una questione di vita o di morte. Ogni frase è ponderata. Ogni gesto, anche se mosso da una goffa elettricità, è pensato. È proprio in questo continuo esame, in questo equilibrio squilibrato, in questo Io-Io! non egocentrico ma egologico, che si gioca il Lotito-corpo. Il Lotito-pensiero non ne è che il prolungamento.
La sua scalata al successo è inarrestabile. Dalla (ormai) celebre impresa di pulizie al matrimonio “politico” con la figlia di Mezzaroma, Lotito costruisce, mattone dopo mattone, la sua polis ideale. Quando parliamo di polis, intendiamo proprio la polis greca: