TRAILRUNNING

Nell'inferno verde della Sky del Canto, cercando la scorciatoia per le "ultra" dell'estate

La stagione della corsa sui sentieri è entrata nel vivo con il tradizionale "happening" del Monte Canto, balcone panoramico sulla Pianura Padana

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Il traguardo è lì sotto: ne senti le voci, la musica, il prepotente richiamo. Poi all’improvviso una svolta. Del sentiero! Un bivio, una rampa. Vorresti ignorare le indicazioni del commissario e imboccare la discesa. Fermate… il Canto, voglio scendere! Invece no: tocca salire ancora, la schiena piegata in due, le mani appoggiate ai femori, a spingere. Ma quell’ultimo chilometro che adesso ti spezza fiato, ritmo e la suddetta schiena... già tra qualche ora ti mancherà. Ne sentirai la nostalgia. Fino alla prossima.

L’inCanto era iniziato due ore e mezzo prima. Almeno per me che a lasciare la "confortevole"pancia del gruppo, quasi... materna, non ci penso proprio. Mi piacerebbe tanto ma, appunto, meglio non pensarci troppo. È fuori discussione! Sono arrivato a Carvico tra i primi (ecco: se non top runner, almeno top driver), ho pure trovato un bel parcheggio vista parco. Quello del Serraglio, sede del villaggio-gara. Con una fame di pettorale arretrata e solo in parte placata dalle recenti uscite alla Ubiale Mountain Run del Primo Maggio ed al Colmen Trail di una settimana fa a Morbegno. Due gare in nove giorni, ed ora con la Sky del Canto di oggi fanno tre nel giro di un paio settimane. Pare un sogno: nel 2020 ne ho corse sei in tutto… Speriamo bene perché l’agenda 2021 è già fittissima di appuntamenti competitivi ed a fine mese distanze e dislivelli sono destinati ad impennarsi. Meglio però fare un gradino alla volta. E qui oggi ne abbiamo tantissimi da salire (e discendere!), pure parecchio scivolosi. C'è il sole ma il maltempo ha imperversato, nei giorni scorsi, ed i sentieri che risalgono e contornano questo rilievo isolato ed affacciato sulla pianura ne avranno sicuramente risentito. Nell’attesa di iniziare a morderli, gironzolo per il villaggio e faccio quattro chiacchiere qua e là.

La solita "fauna" di runners si aggira impaziente, felice e "pronta". La solita? No, più del solito perché - a rendere ancora più particolare questa “Special Edition” - ci sono una trentina di iscritti alla Dog Trail Sky del Canto. Che poi sono il doppio (ed ancora di più… le zampe), visto che le squadre sono formate da cane e padrone. La novità vale tanta curiosità e simpatia da parte di tutti noi ma non ci vuole molto per accorgersi che - se ai quattrozampe non pare importare molto della competizione e sono qui fondamentalmente per correre sui i sentieri e magari tornare a sentirsi “ancestralmente” lupi - i rispettivi conduttori hanno molta più...  bava alla bocca di loro. Almeno quelli arrivati qui anche da molto lontano e sono pronti a lanciarsi sui sentieri alla scoperta dei limiti della “esapropulsione”! 

Con il trascorrere dei minuti e l’assottigliarsi dei numeri del conto alla rovescia, la temperatura sale. Quella esterna, ma poi soprattutto la nostra ed è tutto uno sciamare lungo il primo chilometro di gara per il riscaldamento, magari spingendosi sui prim"sterratini" del circondario: per saggiare la gamba e magari - oh yes! - trovare un cespuglio appartato per l’ultima “pipì nervosa”… Caro Federico Prussiani, che mi hai scritto di avermi visto intento a studiare la prima rampa dell’itinerario, ecco… mi sa che forse cercavo altro!

Insieme ad Andrea Manes (questa non è inedita, l’ho scritta anche su Facebook) formiamo il duo di oriundi brianzoli della Sportiva Lanzada e portiamo un po’ di Valmalenco sulla prima timida elevazione delle Prealpi Orobie. Corricchiamo e ce la raccontiamo ora, perché poi in gara non riuscirò a tenere il tuo passo (finirai comodamente nella top 100, io in coda alla top… 234 della generale). Ci affianca Dario Rigonelli (OSA Valmadrera) che mi presenti come uno forte: infatti sarà settimo al traguardo. Non c’è che dire, mi accompagno sempre con gente “sbagliata”!

Smaltito il piacevole pregara (per gli eccessi del “terzo tempo” purtroppo è ancora presto) arriva il momento entrare nelle gabbie di partenza. Poche centinaia di metri d’asfalto - quelli del riscaldamento di cui poco sopra - e via che ci infiliamo nell’inferno verde del Canto. Primo ed inevitabile imbottigliamento alla prima svolta nel bosco ed il pensiero che forse sarebbe il caso di fare un giro più lungo tra le vie del paese prima di attaccare i sentieri, in modo da limitare l’ingorgo. Poi però qualcuno si lamenterebbe che è venuto lì per la corsa in natura e non per tergiversare sul bitume. Quindi niente, va bene così.

Pochi minuti di gara sono più che sufficienti per notare come il Canto sia oggi diverso (e molto più verde appunto) rispetto al paesaggio attraversato nella data tradizionale della "Sky" a fine marzo ed a maggior ragione a metà gennaio per la Scaldagambe Winter Trail che - già dalla sua denominazione - è tutta un inno alla stagione fredda. Il Canto non è così alto (settecento metri circa) ma è piuttosto esteso: un specie di Gulliver, un gigante disteso (ma più che altro siamo noi ad essere lillipuziani), con crinale disposto lungo la direttrice ovest-est. Quindi per fare dislivello l’itinerario – che cattiveria! – propone e propina su e giù continui. Un vertical dopo l’altro: alcuni brevi, altri più lunghi, alcuni a svolte, altri “all up”. Tutti belli fangosetti. Mi sfila facilmente (con un tocco sul fianco ed un incoraggiamento a mezza voce ) l’amico e collega Giuseppe. Ho l’impressione che - rispetto all’itinerario abituale da 22K ed ad quello della 30K Scaldagambe - certi sentieri li stiamo percorrendo in senso inverso. Ma io non faccio testo: già ora il mio campo visivo non supera il metro di strada davanti ai miei passi e comunque tra i boschi ho il senso d’orientamento di un barboncino da salotto. A proposito di quattrozampe (anzi, sei!), dopo un’oretta di sbuffate e qualche fantastica discesa mi vedo sfilare dai primi due “mostri mitologici” uomo-cane, parecchio ingaggiati tra di loro. E sono partiti una ventina di minuti dopo di noi. Ad un certo punto mi sento tallonare da dietro:

-“Ma tu sei quello che scrive per Sportmediaset?”

-Sì, sono io…”

-“Grande, ti leggo sempre”!

-“Grazie! Come ti chiami, che ti metto nel pezzo?”

-“Ivan”.

-“Ivan e poi?”

-“Ivan Crippa”.

-“Ok, ora però passa pure avanti, ti sto rallentando”.

Ecco fatto, Ivan. Complimenti e alla prossima.

Intanto abbiamo girato sul versante nord del Canto e qui le rampe fangose diventano a tratto complicare. Le Scott RC Ultra però fanno sempre il loro “sporco” lavoro e, dove proprio non riesco a farne a meno, mi attacco senza ritegno alcuno alle corde (mi torna in mente l'immagine del Canto/Gulliver disteso e legato a terra dai lillipuliziani-a me le allucinazioni non vengono solo nelle ultra...) che il team di Carvico Skyrunning ha teso da un albero all’altro. E anche questa è fatta, siamo fuori dalle difficoltà. Il traguardo si avvicina e le mie regole d’ingaggio già assomigliano a quelle alle quali dovrò per forza di cose attenermi nelle ultra che ho intenzione di affrontare (intanto affrontare, finirle si vedrà): insomma, tiro i remi in barca e cerco di finire dignitosamente, casomai mi tengo un piccolo margine nel caso di una volatina finale con qualche collega. Per l'epilogo, tornare prego alla... casella di partenza, alle prime righe di queste impressioni di viaggio: il canto delle sirene del villaggio-gara ormai vicino, il tracciato che invece ha un’idea diversa (e perversa) e torna ad impennarsi solo per noi, poi le ultime centinaia di metri di "decompressione" sull’asfalto durissimo ed il gonfiabile del traguardo. Ne abbiamo messa via un’altra. Peccato per il pasta party che... neanche stavolta, ma non è colpa di nessuno. Tantomeno degli splendidi “Carvicos” che ci hanno invece apparecchiato un terreno di gara in condizioni molto ma molto buone, nonostante il meteo dei giorni precedenti.

Ora tocca saltare un weekend di gara (a malincuore, però!). Servirà per allenarsi fuori dalla competizione ed in un certo senso prendere la rincorsa perché - dopo tre gare intorno ai quindici-diciotto chilometri e dislivelli da mille metri o poco più - a fine mese si parte per la 50K del Quartrail des Alpages sopra Aosta, che due anni fa ho corso dentro la tormenta!

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