Nemmeno il tempo di sistemare il portapenne sulla scrivania dello studio ovale della Casa Bianca che il neopresidente Biden decideva di riportare il mondo a quarant’anni fa: la definizione di “assassino” affibbiata a Vladimir Putin faceva precipitare i rapporti tra le due potenze, e sull’Occidente riprendevano a soffiare venti di Guerra Fredda. Per tutta riposta, a metà dello scorso aprile la Russia raccoglieva circa 100 mila uomini ai confini con l’Ucraina, minacciando un’invasione dell’estremo lembo di terra europea. Successivamente, sulla scia del caso Navalny, continuavano le accuse più o meno velate tra le parti, fino ad arrivare al divieto di entrare nel paese per il presidente del Parlamento Europeo, Sassoli. Risultato: recrudescenza dei rapporti tra i due rinnovati blocchi e riallineamento dell’asse atlantico USA-UE.
Secondo alcuni giornalisti ed osservatori, una prova generale di queste manovre “muscolari” da parte russa si sarebbe manifestata già in occasione di Euro 2016, coerentemente alla tradizionale concezione del calcio come strumento di potere, più o meno “soft”. Nelle strade attorno al porto vecchio di Marsiglia, circa due centurie di russi affrontavano la fanteria alcolica della Regina Elisabetta II avendone la meglio. Mentre l’opinione pubblica inglese beveva fiumi d’inchiostro dedicato a questi mostri post-sovietici, la stampa e la politica russa osservano sornione le imprese dei loro connazionali, almeno fino alla condanna ufficiale da parte di Putin. Che i disordini siano stati parte di una trama ordita dal Cremlino, per dimostrare la prestanza della sua gioventù, appare intrigante ma forse difficile da dimostrare; senza dubbio i figli della Matuska Rossija si sono presentati agli occhi del mondo come il nuovo spauracchio degli organizzatori di tornei internazionali e, da allora, l’interesse verso la Okolofutbola, la cultura da stadio russa, è cresciuto esponenzialmente.