Aveva compiuto 30 anni soltanto qualche settimana prima. Ormai era diventato un campione triste. Le telecamere riprendono spesso i tennisti di spalle, dall’alto. Lui preparava il servizio, raccogliendosi nella sua tipica posizione, pronto ad esplodere il colpo con cui usava scoraggiare i suoi avversari e renderli impotenti di fronte alla sua grandezza. C’erano tennisti che erano molto più alti di lui, che erano capaci di tirare più forte, che erano provvisti di un servizio più potente. Per esempio Ivanisevic. Ma quando Pete si trovava spalle al muro, quando l’avversario cominciava a nutrire una piccola speranza di avere la meglio, lui si raccoglieva nella sua posizione, tirava fuori la lingua, caricava la bordata e sembrava che nessuna cosa del mondo, nessun affanno esistenziale, nessuna offesa potesse turbarlo. Boom! La palla esplodeva dalla racchetta emettendo non un rumore, ma una musica, e rispondergli era una faccenda non comune tra gli umani.