I Beatles dominavano il mondo e l'Inghilterra del calcio alzava al cielo di Wembley la coppa Rimet. Era l'estate del 1966. Da allora la nazionale dei tre leoni non ha più vinto nulla. Anzi, non è nemmeno più riuscita a giocarsi una finale. Questa volta l'occasione è enorme, molto più concreta di quella di 25 anni fa, quando gli inglesi, nel vecchio Wembley, furono buttati fuori dalla semifinale di Euro 1996 dalla Germania ai rigori. Di fronte la nazionale specializzata in miracoli: quella Danimarca capace di vincere l'europeo del 1992 e di arrivare al penultimo atto di una competizione dopo aver perso le prime due partite e aver visto un suo giocatore rischiare la vita sul campo.
L'Italia, intanto, attende davanti alla tv di conoscere il suo avversario di domenica. Southgate ha saputo costruire una squadra con una precisa connotazione tattica, in linea con le nuove tendenze della Premier League. Aggressività, scalate in avanti, velocità supersonica dalla metà campo in su, costruzione del basso e inserimenti costanti. La rosa a disposizione del ct inglese è di altissimo livello se si pensa, per esempio, che Sancho, Foden e Grealish sono spesso destinati alla panchina. Anche stasera Southgate sembra orientato a mettere in campo Saka e Sterling a occupare le corsie esterne ai lati di Kane, con Mount a sdoppiarsi nel ruolo di trequartista e di terzo centrocampista con Rice e Phillips.
Dall'altra parte c'è una squadra super organizzata, resa un blocco unico, sia moralmente che strategicamente, dal ct Hjulmand. Passata senza troppi problemi dal 4-2-3-1 con Eriksen trequartista, al 3-4-3, la Danimarca ha mantenuto i principi di gioco che le hanno permesso di sviluppare un calcio rapido e concreto. Corsie esterne affidate ai laterali di centrocampo (Stryger Larsen e Maehle) con Braithwaite e Damsgaard a occupare i mezzi spazi sulla trequarti, accompagnati a turno da uno dei due centrali, Hojbjerg e Delaney. Un'avversaria tutt'altro che facile da affrontare per gli inglesi. Ma l'astinenza da vittoria, a Londra e dintorni, si fa troppo sentire per lasciarsi sfuggire questa occasione.