Nell’ultimo ventennio lo sport più seguito al mondo, il calcio, è stato utilizzato nella Repubblica Popolare Cinese come persuasivo strumento di propaganda. C’è anche ci ha avanzato il parallelo con il celebre sogno americano (con l’industria del pallone al posto di quella “culturale” del cinema). Così la Cina, per precisa volontà del Partito Comunista, ha deciso di concentrare enormi investimenti, mirati ed oculati, sul business del calcio. L’ambizioso obiettivo era quello di dimostrare all’Occidente, attraverso lo sport più popolare al mondo, come fosse ri-nata una nuova, grande Cina: compatta all’interno grazie ad un rinnovato orgoglio nazionale, temibile oltre confine grazie ad una straripante crescita economica. L’affare calcio in Cina, quindi, è parte di una cornice (geo)politica ben più complessa.
La pandemia di Covid-19, con il cambio di di direzione governativo, ha però mostrato i piedi di argilla del colosso calcistico cinese: dopo una crescita assolutamente deregolamentata anche per il calcio, così come per l’economia del Paese, la spesa pubblica si è stabilizzata secondo un processo definito burocraticamente come New Normal.