Che il calcio, parafrasando Marx, sia l’oppio dei popoli lo hanno infine capito anche gli integralisti islamici. Così il pallone – da retaggio dell’imperialismo coloniale, per di più inconciliabile con l’autentica religione islamica – è diventato un elemento di propaganda necessario per diffondere messaggi ed attirare giovani (lo stesso era capitato in Iran, laddove dopo la rivoluzione khomeinista il football era malvisto dalle alte sfere politiche, che poi dovettero ammorbidire la propria posizione). Ma torniamo all’Afghanistan, e partiamo da un po’ di contesto.
Negli ultimi giorni la questione afghana è tornata centrale nei salotti televisivi italiani ed europei, addirittura argomento d’apertura per giornali e telegiornali. I talebani come sappiamo hanno ripreso dopo vent’anni il controllo della maggior parte del Paese, e mentre l’opinione pubblica occidentale si è svegliata improvvisamente da un lungo sonno e divisa alla ricerca di colpevoli, migliaia di persone si sono riversate nell’aeroporto di Kabul alla ricerca di una via di fuga.
Tra i fuggitivi diversi sportivi, per lo più donne, che in questi anni proprio grazie allo sport hanno costruito le proprie vite. Ma il Daily Mail ha svelato anche la storia e la morte di Zaki Anwari, calciatore 19enne, che ha provato a fuggire aggrappandosi ad un aereo americano e i cui resti sono stati scoperti nel vano ruota di un jet C-17 una volta arrivato in Qatar.