L'11 settembre 2001 è la data che ha cambiato la storia del mondo recente: l'attentato alle Torri Gemelle ha segnato la vita di tutti noi, ci ha resi più vulnerabili e impauriti, modificando abitudini che neanche pensavamo potessero crearci pericoli e di fatto radicando un senso di costante attenzione a ciò che ci accade in ogni ambito della nostra vita. Ma neppure i quasi 3.000 morti provocati dallo schianto degli aerei dirottati dai terroristi sono riusciti a fermare lo sport, in quel giorno di vent'anni fa: la sera stessa si giocarono otto partite di Champions League che divisero l'opinione, tra chi pensava fosse un gesto non rispettoso verso le vittime e chi ammirò la capacità di restare in piedi a tutti i costi nonostante la minaccia al mondo occidentale.
Martedì 11 settembre 2001 sono le 14:45 (ora italiana) quando il primo aereo si schianta contro la Torre Nord del World Trade Center di New York, ben sei ore prima del calcio d'inizio dei match serali. Passano le ore, il terrore diventa sgomento, poi paura e infine lutto. Eppure in seno alla Uefa non si pensa al rinvio dei match, la sera partono regolarmente Roma-Real Madrid, Galatasaray-Lazio, Lokomotiv-Mosca Anderlecht, Dinamo Kiev-Borussia Dortmund, Liverpool-Boavista, Mallorca-Arsenal, Schalke 04-Panathinaikos e Nantest-PSV Eindhoven. In Champions League il ricordo delle vittime viene confinato al minuto di silenzio prima del calcio d'inizio anche se, forse per le polemiche scaturite sui media l'indomani, furono cancellate le partite del mercoledì sera.
Era meglio non giocare in segno di lutto? Era meglio andare avanti per onorare la memoria con lo sport? Sono i classici quesiti che si presentano quando le tragedie si incrociano con le competizioni sportive. Non c'è una scelta giusta, probabilmente. E allora bisogna affidarsi alle sensazioni di chi quella sera aveva dovuto fare forzatamente il proprio lavoro, come Dino Zoff, che era allenatore della Lazio e recentemente ha ricordato: "Una situazione incredibile, nessuno capiva cosa stesse succedendo. Eravamo già a Istanbul, non ci fu tempo di fare niente. Fu una cosa fuori dal mondo. Ripensandoci, non c'era altro da fare". Damiano Tommasi invece era centrocampista della Roma: "Probabilmente era una partita che non andava disputata, ma non si è avuto il tempo di sospenderla, anche per via di tutta la gente riunita in un unico luogo".
Champions League, Roma-Real Madrid dell'11 settembre 2001: il match delle polemiche
Ci sarebbe stato tempo di organizzare qualcosa di diverso in Formula 1, visto che il GP di Monza si sarebbe corso tre giorni dopo l'attentato. Numerosi piloti, guidati da Michael Schumacher (allora capo del sindacato dei piloti), chiesero a gran forza di non far partire il Gran Premio ma la FIA, come la Uefa, scelse di dare il via ad ogni costo, negando anche la proposta di una partenza lenta, tutte le vetture insieme per due curve. La Ferrari, quel 14 settembre 2001, allora scelse di correre col musetto delle monoposto listato a lutto, il nero davanti al rosso.