Bisogna partire da qui per capire: Kalulu a destra, Gabbia e Romagnoli al centro, Ballo Touré a sinistra. Sulla carta, non un titolare che sia uno. Eppure, in fondo a una notte diventata, tra qualche sofferenza, dolce come il miele, il Milan scopre che il suo punto di forza, a sorpresa, è diventato la difesa. Una difesa che si regge in piedi quali che siano gli interpreti e che, nelle prime cinque giornate di campionato, ha subito solo due gol (uno da Deiola, in mischia, contro il Cagliari e uno da Morata nel match dello Stadium, ndr) e condivide il primato di miglior retroguardia con il Napoli, atteso però dalla gara contro la Sampdoria.
In questo senso si capisce la grande soddisfazione di Stefano Pioli sul gong della partita contro il Venezia. "Adesso rientreranno gli infortunati - ha detto - e diventeremo ancora più forti". Perché il punto in fondo è questo: se hai limato i difetti - e la difesa era uno dei più evidenti - aver allungato una rosa così competitiva da arrivare solo alle spalle dell'Inter nell'ultimo campionato, significa avere la concreta possibilità di fare un salto in avanti e guardare a quello che verrà con grande fiducia. Non è un caso che sia spuntata la parola scudetto (Theo Hernandez) e non è un caso che il tecnico rossonero continui a sottolineare la crescita mentale e tecnica della sua squadra. Una squadra che sa soffrire e colpire, anche nelle serate meno positive. E che, per il momento, resta là in alto con le grandi pretendenti al titolo, Inter su tutte.
Ma la difesa, dicevamo. Il Milan ha tenuto la porta inviolata in otto delle 10 gare giocate in Serie A da inizio maggio, più di ogni altra squadra nel periodo nei cinque maggiori campionati europei. E lo ha fatto perché Tomori ha sicuramente alzato il livello della difesa, perché Maignan ha dimostrato di essere un portiere affidabile ma, anche e soprattutto, perché la squadra tutta ha trovato un equilibrio che garantisce solidità nella fase di non possesso (solo il gol contro la Juve nasce da un errore di posizionamento) e schiaccia gli spazi a disposizione degli avversari negli ultimi 30 metri. Dove, tra l'altro, con questo Milan si arriva poco, perché nell'allungarsi di una rosa che un anno fa era strettina, c'è anche la grande occasione di spremersi per bene nel pressing offensivo (e quindi di recuperare palloni in una zona di campo molto pericolosa per gli avversari) sapendo di avere a disposizione cambi all'altezza.
Quei cambi di cui Stefano Pioli ha parlato nel post-gara contro il Venezia e che aspetta con ansia. Da Bakayoko (con Bennacer tutto sommato appena recuperato) a Ibra e Giroud, da Messias a Calabria. Gli uomini che servono e serviranno per provare a giocarsela in tutte le competizioni. Partendo da due punti fermi: questo Milan ci crede eccome e ha imparato ad appoggiarsi su una difesa impenetrabile.