Anche l’inferno del Nord può diventare paradiso e una corsa drammatica e durissima come la Parigi-Roubaix può regalare sogni immensi. L’urlo di gioia di Sonny Colbrelli dopo la volata nel velodromo è la sintesi di tutto: sofferenza, fatica, azzardo e coraggio da vendere. Perché solo così si può domare la Regina delle classiche. Il corridore che da ragazzo faceva il metalmeccanico pur di coltivare la sua passione a due ruote, ora è in cima al mondo.
È stata una stagione magica per lui, cadenzata dal successo al campionato italiano e a quello europeo. A 31 anni Sonny, si chiama così perché a sua madre piaceva il personaggio detective della serie Miami Vice – vive la sua giornata più bella, oltretutto al debutto alla Roubaix.
Era dal 1999 (con Andrea Tafi) che l’Italia non vinceva su quelle strade, ci è riuscito Colbrelli nell’edixzione più terribile degli ultimi 20 anni, con pioggia, fango, vento, cadute a ripetizione e sogni infranti. Come quello di Moscon, prima appiedato da una foratura e poi vittima di una caduta che ha fatto sfumare tutto.
Ma se un azzurro cade, un altro firma un capolavoro: batte Vermeerchs e Vander Peol e sfreccia verso la corsa dei suoi sogni. Alla partenza aveva detto ai compagni: "Ragazzi, ci vediamo sul bus, perché tanto oggi duro poco…".