Il cinema di Nanni Moretti (di recente in sala con l’ultima fatica, Tre Piani) è sempre stato attraversato e segnato da continui mutamenti, che hanno metaforicamente rappresentato e accompagnato le varie fasi della scena politica del Belpaese (in particolar modo della sinistra storica nostrana, di cui Moretti ha sempre fatto parte). Dagli esordi negli anni Settanta con Io sono un autarchico ed Ecce Bombo, che offrivano ritratti ironici e malinconici di una generazione post-sessantotto incapace di comprendere realmente i cambiamenti sociali del tempo, sino alla grottesca rivisitazione del cinema di genere con Bianca (azzeccata fusione tra giallo, commedia e romance), per poi cambiare totalmente registro negli anni Novanta, con Caro Diario ed Aprile, pellicole semi-autobiografiche, narrate sotto forma di diario-confessionale con stile documentaristico, in cui il nostro mette a nudo i propri turbamenti (il tumore raccontato nel terzo episodio di “Caro Diario”, la nascita del figlio in “Aprile”), accompagnati dagli sconvolgimenti politici del periodo (la discesa in campo di Berlusconi sempre in “Aprile”).
Nell’ultimo decennio il cinema morettiano si è concentrato sulla messa in scena di drammi familiari, intimi e sofferti (La stanza del figlio, Mia Madre), senza rinunciare ad affrontare la spinosa situazione politica italiana (Il Caimano, dove ancora una volta il regista romano si confronta con l’ingombrante figura di Berlusconi).