Perlomeno c'è un precedente benaugurante: due anni fa l'Atalanta, con tre sconfitte nelle prime tre partite del girone e un pareggio nella quarta, è riuscita a passare il turno e ad arrivare a una manciata di minuti dalla semifinale di Champions. Ci si può attaccare a tutto ma resta la pessima prestazione di Oporto per un Milan obiettivamente segnato da assenze fondamentali ma anche tradito da alcuni giocatori chiave. Non sempre ci si può affidare a un'organizzazione di gioco molto marcata. A volte basta che gli avversari sappiano mettere qualche granellino di sabbia negli ingranaggi che ti hanno portato lontano.
Maignan, Theo Hernandez, Brahim Diaz, Rebic e un Ibra ancora non al meglio e buttato nella mischia per sperare in una magia nell'ultima mezz'ora. Bastano i nomi degli assenti per potersi costruire alibi di ferro. Anche in altre occasioni il Milan si è trovato in emergenza ma è stato capace di tirare fuori prestazioni convincenti e, a volte, vincenti. Non questa volta. Ballo-Touré non è stato all'altezza di un palcoscenico così importante. In più, tutta l'asse centrale della metà campo rossonera è sembrata in balia degli avversari. Tonali, Bennacer e Krunic, schierato nel ruolo di vice Diaz, hanno girato a vuoto in entrambe le fasi. Giroud non è mai stato pericoloso e se il risultato finale non è stato più pesante (al netto dell'alibi del gol vincente da annullare), è merito della coppia centrale Kjaer-Tomori, capace spesso di immolarsi sui tiri degli attaccanti avversari.
Facile immaginare che, in una situazione così compromessa, fosse complicato pensare di uscire dalla trasferta di Oporto con un risultato migliore. In più va considerata la disposizione tattica scelta da Conceiçao. Blocco compatto in fase difensiva, grande mobilità in quella offensiva, con un Taremi libero di trovarsi la posizione davanti ai centrali di difesa e alle spalle di quelli di metà campo del Milan, e lo scatenato Luis Diaz a tagliare da sinistra verso il centro, liberando la fascia per le incursione del falso intermedio Oliveira. Restando nel dubbio se sia stata una serata no o un chiaro segnale di quanto il calcio italiano sia lontano da quello europeo, al Milan non resta che leccarsi le ferite, provare a vincerle tutte e sperare in un miracolo. Anche se l'idea di concentrarsi su un campionato che ha tutte le carte in regola per poter gestire ad altissimi livelli è forse la scelta più saggia.