Due rigori sbagliati in altrettanti scontri diretti. L'evidente calo di voglia e di fame, logica conseguenza di un enorme traguardo come quello raggiunto a luglio. L'impegno triplicato di avversari che non ti concedono nulla e che studiano ogni particolare per mettere granelli di sabbia nell'ingranaggio dei campioni d'Europa. Mixate bene e otterrete l'ennesimo playoff della storia azzurra. Ormai sembra evidente che la nazionale si porti dietro una sorta di maledizione mondiale post Germania 2006.
Certo, vedendo prestazioni come quella di Belfast, è abbastanza normale scaricare la colpa su giocatori chiave assolutamente irriconoscibili, come Jorginho, Barella e Chiesa, o lamentarsi della mancanza di un centravanti che non c'è, né falso né autentico (leggere alla voce Belotti). Il problema è vedere un gruppo che azzannava gli avversari dalla prima impostazione e ogni volta che perdeva palla, trasformarsi in una squadra molle e priva di quella fame che faceva la differenza. Lo ha detto anche Bonucci, uno dei leader tecnici e morali di questa nazionale.
L'Irlanda del Nord ci ha messo del suo per portare a galla le magagne dei campioni d'Europa. Cinque difensori, tre centrocampisti e due punte chiamate al sacrificio in fase difensiva hanno concesso pochissimo agli azzurri. Anche certe situazioni studiate per metterli in difficoltà, come i tagli sui lanci da dietro per sfruttare lo spazio alle spalle di una linea arretrata piuttosto alta o la ricerca dell'inserimento in area di Di Lorenzo partendo da destra, hanno dato pochi frutti per la mancanza di precisione o di tempismo nell'inserimento. Difficile, in ogni caso, per una squadra che ha fatto degli scambi stretti in velocità e dei cambi di gioco per favorire l'uno contro uno, avere la meglio su una formazione che non ti concede spazio tra le linee. Se a tutto questo si unisce la scarsa attitudine al recupero immediato del pallone e la serata no dei giocatori chiamati a fare la differenza, diventa automatico trovare delle enormi difficoltà nel creare problemi agli avversari.
Ora non rimane che concentrarsi sui playoff. Un nuovo fallimento sarebbe inaccettabile, se si considera che siamo campioni d'Europa in carica ma, soprattutto, che dal trionfo 2006 possiamo vantare il triste primato, nei campionati mondiali, di due uscite alla fase a gironi (2010 e 2014) e una mancata qualificazione (2018). La speranza di tutti è che basti questo per far ritrovare al più presto l'antica fame agli azzurri.