A LA REPUBBLICA

Parla uno dei giocatori inseriti nell'affare Osimhen: "Usato dal Napoli per una plusvalenza, mai stato a Lille"

Il giovane attaccante Luigi Liguori racconta come si è svolta l'operazione relativa al passaggio del nigeriano in azzurro, finita sotto la lente della Covisoc

Mentre a Torino si indaga sulle plusvalenze, e non solo, della Juve negli ultimi anni, c'è chi racconta la sua avventura nell'operazione, anche questa finita sotto la lente della Covisoc, inerente il passaggio di Victor Osimhen dal Lille al Napoli nell'estate del 2020. Si tratta di Luigi Liguori, il giovane attaccante allora in prestito alla Fermana in Serie C, che fu inserito nell'operazione insieme al terzo portiere Karnezis e ad altri due giovani. Il suo cartellino venne valutato 4 milioni di euro, ma al Lille non andò mai.

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"A giugno mi chiamò il Napoli e mi disse: vieni a Castel Volturno, dobbiamo parlare. Siamo andati io e il mio procuratore, la società ci ha offerto due opzioni: potevo rinnovare per un anno e restare, o accettare di andare al Lille e firmare per tre anni, entrando nell’operazione Osimhen. Voi che avreste fatto? Ne ho parlato con il mio agente e ho accettato. Il 30 giugno abbiamo firmato con il Lille. Però non siamo mai andati a Lille. Nemmeno per firmare. Hanno mandato i contratti a Napoli e abbiamo firmato a Castel Volturno", ha detto a Matteo Pinci su la Repubblica.

In Francia, poi, nessuno dei tre ci andò mai perché, dopo essere rimasti un'altra stagione in prestito in Italia, tutti rifiutarono il trasferimento. "Noi non volevamo più andare in Francia, allora ci hanno proposto di lasciare sul tavolo i due anni di contratto e accettare una buonuscita. Purtroppo io non sapevo tutto. Loro non è che ti dicono che volevano fare plusvalenza. Ci hanno detto solo: il Lille vuole tre giovani e noi abbiamo pensato a voi. Poi col passare delle settimane abbiamo scoperto tutto, ma ormai eravamo coinvolti, non potevamo più fare nulla", ha spiegato l'ala destra, oggi all'Ercolano in Serie D.

Quindi, un rimpianto: "Con gli altri due ragazzi coinvolti nell’operazione ci sentiamo spesso e tra di noi ci diciamo: noi avevamo tre anni di contratto. Ci siamo bruciati per “colpa” del Napoli. Perché noi non sapevamo nulla".

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