IL PERSONAGGIO

Ronaldo-Juve, da affare del secolo a rimpianto

Moltissimi gol, ma non abbastanza per portare i bianconeri al vertice europeo. E alla lunga, la spesa sostenuta per lui ha creato un solco nel bilancio...

Ronaldo: un lungo, silenzioso, addio

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Doveva essere l’affare del secolo, rimarrà catalogato alla voce “rimpianti”. Il 2021 è l’ultimo anno in cui nella Serie A italiana ci sono tracce di Cristiano Ronaldo. Nemmeno troppo evidenti: niente scudetto e nessuna meraviglia da mettere in bacheca. Un addio silenzioso come quello di un qualunque mediano della Primavera. Non doveva essere così. Strani scherzi fa la vita, anche a quelli che sembrerebbero immuni. 

Viene spesso spontaneo chiedersi se il calcio sia ancora uno sport di squadra. Gli allenatori cercano di farcelo credere quando in sala stampa declinano con aria scocciata le domande che riguardano i loro singoli giocatori. Deviano il discorso, si appostano dietro un paravento fatto di “io giudico la prestazione nel suo insieme” e di “un allenatore deve guardare come funziona la squadra”. Alla prova dei fatti, però, in questo calcio moderno ogni giocatore è un microcosmo indipendente che si relaziona in maniera molto parziale con il mondo circostante. 

L’avventura di Cristiano Ronaldo alla Juventus avvalora questa tesi. Nei giorni del suo arrivo, datato 2018, vennero consegnate ai posteri alcune profezie: “Farà aumentare il prestigio del calcio italiano”, “Contribuirà ad attirare altri fuoriclasse nel nostro Paese”, “Farà migliorare i suoi compagni di squadra”, “Porterà la Juventus ai vertici in Europa”. Nostradamus nel frattempo ha dormito sonni tranquilli, nessuno in questi anni di Ronaldo alla Juve gli ha rubato il mestiere. La Juventus ha vinto due scudetti, ma esattamente come aveva vinto i precedenti sette. Il prestigio del calcio italiano è aumentato, sì, ma grazie a Roberto Mancini e ai suoi ragazzi che hanno vinto l’Europeo. E i grandi fuoriclasse hanno continuato a scegliere le loro destinazioni in base alla ricchezza dei club che lo hanno corteggiati. 

Nel frattempo, Ronaldo se n’è andato portandosi dietro un centinaio di milioni guadagnati in questi tre anni, zero parole d’italiano (qualcuno l’ha sentito dire qualche termine diverso da “ciao”?) e qualche risata fatta con il terzo portiere Pinsoglio, l’unico che sia riuscito a strappargli un minimo di confidenza durante quella che probabilmente ricorderà come una specie di reclusione dorata. Anche perché in generale i compagni di squadra non li ha visti moltissimo, poco avvezzo agli allenamenti di gruppo pur meritandosi rispetto assoluto per la professionalità del lavoro individuale, vero segreto dei suoi record individuali, della sua longevità agonistica, del posto che si sta ritagliando nella storia del calcio. 

Certo, chi faticherà a dimenticarsi del suo passaggio in Italia è il gruppo di lavoro che ora è chiamato a sistemare il bilancio della Juve, gravato da un passivo pesantissimo. Nel 2018, quando venne programmata questa operazione ad alto impatto spettacolare, si disse che la Juve poteva permettersi un investimento da 100 milioni per il cartellino e che i 31 milioni a stagione dell’ingaggio sarebbero stati ampiamente ripagati dalla vendita delle maglie numero 7 e di tutto il resto del merchandising. Ma anche questa considerazione fa parte delle profezie che sono rimaste sulla carta. 

Negli almanacchi del calcio rimarranno invece 81 gol in 98 partite di Serie A, 14 gol in 23 di Champions, 4 gol in 10 di Coppa Italia e 2 gol in 3 finali di Supercoppa. Non esattamente quello che era stato previsto in origine, ma l’attualità ci parla di un Ronaldo che sta proseguendo sulla strada tracciata a Torino. Ha detto no al Manchester City perché fiutava l’alto tasso di incompatibilità con Pep Guardiola, il profeta del collettivo. Lo United gli sembrava la comfort zone ideale con un amicone come Ole Gunnar Solskjaer in panchina. Ma i risultati fanno saltare gli allenatori anche quando sono compagni di merende del giocatore più pagato. Ralf Rangnick delle esigenze personali se ne frega abbastanza, quindi è tutt’altro che scontato un futuro immediato di convivenza felice. Ma il mal comune in questo caso non è mezzo gaudio e la Juventus dovrà lavorare sodo per cancellare il ciclone che è passato da quelle parti. 

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