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L'allarme di Marotta: "Calcio italiano a rischio default, il governo non può ignorarlo"

"E' un sistema sull'orlo del baratro che in questi due anni di pandemia non ha ricevuto nulla"

© Getty Images

E' forte il grido di allarme di Beppe Marotta in relazione alla situazione del calcio italiano travolto dall'emergenza Covid. "La Serie A e più in generale il calcio italiano sono a rischio default - ha spiegato l'ad dell'Inter in una lunga intervista a Il Sole 24 Ore -. Questa cosa il Governo e le istituzioni politiche non possono più ignorarla". "È un sistema sull'orlo del baratro - ha aggiunto -. che aveva certamente squilibri già prima del Covid, ma che non ha ricevuto praticamente nulla in questi due anni di pandemia".

Nel dettaglio, a preoccupare Marotta non è soltanto la situazione d'emergenza che ha segnato pesantemente il settore calcio, ma anche l'indifferenza della politica italiana, accusata di aver sostanzialmente abbandonato le società professionistiche. A differenza di quello che accade in altri stati, dove i club sono stati supportati economicamente, nel nostro Paese l'Esecutivo ha concesso al settore solo aiuti col contagocce e ridotto la capienza degli impianti sportivi. Misure che insieme alla pandemia hanno influito pesantemente sui bilanci dei club e che, senza ristori, ora rischiano di mandare letteralmente in default tutto il comparto calcio italiano.

"Premesso che la salute dei tifosi ci sta a cuore sopra ogni altra cosa - ha spiegato Marotta -. E' indubbio che con mascherina ffp2, super green pass e la capienza ridotta al 50% gli impianti all'aperto siano spazi sicuri". "Aver dovuto ridurre gli ingressi a 5mila spettatori è stata un'ulteriore dimostrazione di serietà e un ulteriore sacrificio per noi - ha proseguito -. Per questo negli ultimi provvedimenti del Governo come la legge la Bilancio e il decreto Ristori ci saremmo aspettati più considerazione". 

A partire da nuove regole per la riapertura degli stadi. "Con le misure di contenimento che abbiamo già,  se la Francia si prepara ad accogliere il 100% di supporter, come già in Inghilterra, che senso ha per noi restare inchiodati a cifre più basse?", si è chiesto Marotta rilanciando la centralità dell'argomento per la sostenibilità dell'impresa calcio. "Si pensa che il calcio sia ancora il mondo dei presidenti 'ricchi scemi' che buttano via soldi per diletto - ha proseguito l'ad dell'Inter -. Il nostro mondo fa fatica a farsi riconoscere per quello che è, però come si fa a ignorare il fatto che il calcio professionistico è un comparto industriale come gli altri? Che ha un giro d'affari pre pandemia di quasi 4 miliardi e ne versa all'Erario ogni anno 1,2?". 

Un comparto industriale che fa girare tanti soldi, ma che ha bisogno di essere alimentato per restare in piedi. Discorso che in un certo senso include anche le sponsorizzazioni del betting, vietate dal Decreto Dignità nel 2019. "Oltre 1oo milioni di contratti volatilizzati. Mentre all'estero e in ambito Uefa giochiamo contro club sponsorizzati da società di quel settore che peraltro produce un giro di puntate da oltre 1o miliardi all'anno su eventi calcistici - sottolinea Marotta -. Perché non riconoscere a nostro favore una sorta di copyright e un fondo più cospicuo su questo volume d'affari?". 

"Non c'è dubbio che si debba creare un modello più sostenibile, riducendo gli ingaggi - ha aggiunto l'ad nerazzurro -. Calciatori e sindacati non possono celarsi dietro i contratti principeschi firmati in epoca pre-covid. Ma attenzione ai tagli eccessivi. Non possiamo permetterci di perdere competitività a vantaggio dei tornei stranieri". "Sarebbe un circolo vizioso - ha continuato -. Semmai dobbiamo far crescere i ricavi. Servono interventi per favorire l'edificazione di nuovi stadi, serve ripensare a un progetto di media company magari in partnership con i fondi, come ha fatto la Liga e stanno valutando altre Leghe, e nuovi format delle competizioni deciso dai club che sopportano il rischio d'impresa e non calati dall'alto da Fifa e Uefa". 

Misure che Marotta si augura di poter discutere presto con una politica attenta anche alle esigenze del settore: "Mi accontenterei di un ministro dello Sport che concentri poteri e risorse e possa aiutarci con il dialogo a salvare il calcio e a riformarlo".

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