Giocare a tennis stanca. Ma soprattutto migliora. Matteo Berrettini dopo aver vinto con Alcaraz e Monfils e al termine di quattro ore di gioco ha imparato benissimo questa massima. In Australia nei momenti salienti dei match è riuscito a fare emergere alla superficie del suo corpo quelle energie che gli sono servite per portare a casa gli incontri con giocatori esuberanti e potenti (come Alcaraz) o solidi ed esperti (come Carreno Busta e Monfils). Con un giocatore “caldo” – come si dice in gergo – come Alcaraz il tennista italiano è riuscito a contenere la rimonta del giovane spagnolo, destinato a breve a diventare un habitué dei quartieri alti della classifica mondiale. Al quinto set, allo scoccare della quarta ora, sembrava che il destino del tennista romano, dopo aver perso il terzo e il quarto set, sarebbe stato quello di essere travolto dalla velocità dei colpi di Alcaraz. Invece a un certo punto Berrettini si è ricordato di essere non a caso il numero sei del mondo ed Alcaraz si è ricordato di essere un ragazzo di 18 anni, con tutte le sue paure alla vista del traguardo. E ha finito per chiudere al tie-break con un doppio fallo.
Con una prova così dispendiosa Berrettini non partiva certo con un gran margine nelle percentuali per la vittoria su un giocatore così solido come Carreno Busta, nel suo carniere una semifinale in un grande slam. Ma anche in questo caso il tennista non ha fallito “la prova del sei” attuale suo posto in classifica. Tre ore di gioco ma soprattutto una grandinata di ace, ben 28. Ora che c’è Nadal, in caso di vittoria Berrettini arriverà a un solo posto di distanza che occupò un suo concittadino. Quel Adriano Panatta che nel suo magico 1976, dopo la doppietta Roma – Parigi, arrivò alla quarta poltrona del tennis mondiale. Con Rafa, Berrettini replica la semifinale di Flushing Meadows nel 2019 e ora come allora è reduce da una battaglia epica con Monfils. E anche qui come contro Alcaraz ha saputo contenere la rimonta del transalpino che al quinto set sembrava averne di più.
“Ho tirato fuori le energie dal cuore” ha detto a fine partita Matteo a dimostrazione della maturità ma anche della consapevolezza acquisita nonostante sia dovuto passare tempo fa attraverso un altro infortunio. Berrettini è una bella immagine del tennis italiano. Volitivo, concreto, con tennis potente che ha ancora dei margini di miglioramento che lui stesso sembra che abbia voglia di superarli. Rispetto all’Aaa – dria – nooo”, suo precedessore in classifica mondiale, forse non sarà mai personaggio da rotocalchi come lo è stato Panatta.
Ma va bene, anzi meglio così. Ha un ottimo team che lo segue, un bravo allenatore che è anche una bella persona. Dopo essere diventato numero 100 del mondo Vincenzo Santopadre si era messo a prendere le ordinazioni nel ristorante di famiglia senza tirarsela. A Berrettini ha insegnato fin da subito la logica che il lavoro duro alla fine paga. E con Nadal, altro drago nel rifiutare le sconfitta come ha dimostrato per l’ennesima volta con Shapovalov, quella logica gli potrebbe venire incontro e la musica potrebbe essere diversa rispetto al precedente di Flushing Meadows. Vinse in tre il maiorchino dopo aver annullato un set point nel primo. Si giocherà sui punti deboli. Se i rovesci di Berrettini diventeranno rasoiate sui liftatoni bimani di Nadal allora anche il numero cinque del mondo, in caso di vittoria, non sarà più solo un miraggio. Berrettini ha accumulato stanchezza in questo slam ma ha anche una maggior consapevolezza di se stesso dovuta a tante battaglie condotte e vinte. D’altronde, per allenarsi alla gara bisogna allenarsi in gara.